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AMERICAN FOOTBALL CONFERENCE
WILD CARD
by Mauro Rizzotto

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Miami Dolphins 23 - Indianapolis Colts 17 (OT) 

Il dibattito è aperto. Chi ha vinto e chi ha perso questa partita?
Il wild card game tra Dolphins e Colts, in effetti, si presta a diverse chiavi di lettura. Allora accodiamoci al dibattito, lasciamo da parte le fredde cronache, che potete trovare in un sito qualsiasi, e vediamo di capire la partita, come si è evoluta e, magari, chi l'ha vinta e chi l'ha persa. Riassunta in due parole, è andata così: l'attacco dei Colts ha rischiato di vincerla. Jay Fiedler ha rischiato di perderla. Peyton Manning non ha saputo vincerla. La difesa dei Dolphins non ha voluto perderla. Mike Vanderjagt non è riuscito a vincerla. Lamar Smith l'ha vinta. Troppo sintetico? Allora ricominciamo da capo. E parliamo di una sfida che, venendo a solo 15 giorni di distanza dall'ultimo confronto tra le due squadre, andato in scena nella penultima giornata di regular season, pareva non poter prescindere da come quella partita era andata e da quello che aveva detto: che cioè i Colts (in rimonta) si erano ritrovati e che i Dolphins (in testa alla classifica) si stavano viceversa perdendo. Impressioni poi rafforzate dall'ultima giornata, con la vittoria di Indy contro i Vikings e dalla stentata vittoria di Miami in casa dei Patriots.
E l'inizio della sfida di sabato stava confermando le premesse: due squadre con i propri punti di forza opposti a quelli dell'avversario (attacco Indy forte contro difesa Miami forte, attacco Miami così così contro difesa Indy così così, due ottimi kickers e due special teams più o meno equivalenti) si stavano affrontando a viso aperto, affidandosi principalmente al running game. Vuoi perché (Miami) quella è l'arma migliore a disposizione, vuoi perché (Indy) l'asfissiante difesa dei Dolphins non lasciava molte possibilità a Manning per lanciare la palla. E la differenza stava anche emergendo. Piano piano, non senza fatica, i Colts erano comunque 14-0 (2 calci di Vanderjagt e un solo TD pass per Pathon, convertito da due punti). I numeri migliori, comunque li stavano facendo i due runner, con James che ogni tanto riusciva a rompere il muro della difesa di Miami e a combinare qualcosa e Lamar Smith contenuto con abbastanza fatica dalla difesa dei Colts.
Lo schema della partita sembrava delineato, fino a quando è girato un po' tutto. E il punto di svolta sono stati i pochi minuti in cui Jay Fiedler ha lanciato uno dopo l'altro tre intercetti. Il primo in end zone, ricevuto da Chad Cota; il secondo con uno sciagurato tentativo di screen pass, direttamente nelle manone di Chad Bratzke; ed il terzo con un passaggio troppo alto per McDuffie, ancora ricevuto da Cota. Mentre Fiedler usciva dal campo a testa bassa, con il pubblico di Miami che ululava la propria disapprovazione, pochi avrebbero scommesso sui Dolphins.
Nel secondo tempo, invece, sono venute fuori due cose. In primo luogo la ormai nota incapacità dei ragazzi di Jim Mora di chiudere le partite quando le hanno in pugno. Un difetto già venuto a galla troppe volte durante l'anno, che è costato ai Colts più di qualche partita ed una qualificazione senza dubbio più agevole alla postseason.
Ma è anche uscito, decisamente a sorpresa, il carattere dei Dolphins e di Jay Fiedler. Guardatelo: nella sua prima partita di playoffs da titolare, si trova sotto 14-0, con tre intercetti sul groppone, lo stadio amico che lo fischia e magari anche la spalla infortunata che gli fa ancora male. E invece si risolleva, torna ad appoggiare il gioco in prevalenza su Lamar Smith e, quando proprio gli tocca di lanciare, si trattiene dal forzare e limita gli sbagli, grazie anche alle manine sante di un finalmente ritrovato OJ McDuffie. Non era facile uscire dal buco. Giù il cappello.
Ma i punti stentano ad arrivare. Lamar Smith segna e dimezza lo svantaggio, ma il tempo passa ed i Colts continuano ad avere la palla in mano. E qui entra in gioco la vera forza di Miami: la difesa.
Se Manning non ha combinato granchè (alla fine 17-32 per 194 yds) è perché la pressione della front four dei Dolphins non gli ha mai dato modo di trovare il tempo e di entrare veramente in partita. La secondaria gli ha praticamente annullato i ricevitori (Harrison solo 5/63 yds), e così Manning ha dovuto giocoforza appoggiarsi su lanci corti, raramente da più di 15 yds, abbandonando quella ricerca del big play profondo che è una delle vere forze di quest'attacco. Ed i linebackers di Miami hanno fatto il resto, riuscendo a limitare sia la coppia di TE Dilger e Pollard, sia il vero spauracchio Edgerrin James. Che un modo per passare lo trovava comunque, ed alla fine ha comunque passato le 100 yds, chiudendo a 107 su 21 portate, ma che non è mai riuscito a centrare il colpo che avesse potuto chiudere la gara. E intanto siamo quasi alla fine: i Dolphins sono sotto 17-10, mancano circa tre minuti e i Dolphins hanno palla ed inerzia in mano. Jay Fiedler, ormai rinfrancato, conduce un ottimo drive (14 giochi, con partenza dalle proprie 20 yds) mangiando tutto il tempo a disposizione, cercando e trovando più volte McDuffie prima di riservare il colpo del KO per il giovane TE Jed Weaver, che quasi sullo scadere segna il TD da 9 yds che manda la gara all'overtime, tra il tripudio di uno stadio quasi incredulo. Supplementari: i Dolphins vincono il sorteggio, e sembra già un segno del destino. Ma non arrivano a nulla, e devono calciare. Un buon punt di Turk costringe i Colts a ripartire profondi, ma basta arrivare a distanza di calcio. Ed è esattamente quello che succede. 
I Colts mettono la partite nelle mani... ops, nei piedi di Vanderjagt, uno dei kicker più affidabili della stagione e della intera lega. Che, infatti, sbaglia il calcio da 49 yds mentre lo stadio esplode. 
Il povero Vanderjagt si siede in panchina disperato con la testa tra le mani. Jim Mora, che in 14 anni di NFL non ha mai vinto una partita di playoffs, forse sta pensando alle decisioni sbagliate in questa partita, prima tra tutte una sciagurata chiamata di fake su un fg da 45 yds nel primo quarto che la difesa di Miami ha annullato. Quei tre punti in più avrebbero fatto comodo... Forse è davvero un segno del destino. E mentre Olindo Mare inizia a scaldarsi, Fiedler e i Dolphins riprendono a macinare gioco con una precisione incredibilmente ritrovata. Scorre un brivido quando un passaggio un po' azzardato sfiora le mani di un difensore dei Colts ma, mentre Mare continua a provare calci, Miami, sulla spinta delle gambe di Lamar Smith (delle 61 yds totali guadagnate nel drive 40 sono sue) è già sulla linea delle 17 yds. Ed era forse scritto anche che la persona migliore per suggellare il trionfo fosse proprio Lamar Smith. Che parte di corsa, aggira e sfonda la difesa dei Colts che forse stava già mollando, si trascina dietro uno stralunato Jeff Burris ed entra in end zone con il pallone della vittoria ben stretto in mano. E nemmeno coach Wannstedt glielo vorrà togliere. Smith ha stabilito un record assoluto NFL, per il maggior numero di corse in una partita di playoff. E le sue 40 corse, per un totale di 209 yds (con 2 TD) cancellano il record di franchigia del mitico fullback Larry Csonka, l'ultimo vero runner che a Miami avessero visto. Prima di quest'anno.
Sopra 14-0 all'intervallo, e con tre intercetti a favore, i Colts hanno perso all'overtime. Di pasticci simili ne avevano già combinati altri nella regular season, ma questa è davvero grossa. La squadra sarà certo ritoccata per il prossimo anno, specialmente in difesa. Ma al momento, l'interrogativo più grande è il manico. Una tale concentrazione di talento offensivo non può continuare ad essere sprecata; e la sedia di coach Mora forse non è poi più così sicura.
Sotto 14-0 all'intervallo, e con tre intercetti sul groppone, i Dolphins hanno vinto all'overtime. La difesa e Lamar Smith sono senz'altro state le chiavi della vittoria, ma una menzione alla capacità di Jay Fiedler di uscire dalla terribile situazione psicologica in cui si era trovato è doverosa. Il sogno continua. Sabato si va ad Oakland, e se i veri Dolphins sono quelli del secondo tempo, se la possono giocare. Anche con i Raiders.

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