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AMERICAN FOOTBALL CONFERENCE
EASTERN DIVISION
by Mauro Rizzotto

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  Buffalo Bills 10 - New England Patriots 13

"Ho giocato nella neve, ed ho giocato con il vento. Ma avere neve, vento e qualsiasi altra cosa assieme... beh... è stato abbastanza duro". Questo il commento di Adam Vinatieri, il kicker che ha dato la vittoria ai Patriots in una partita giocata nel posto più vicino al Polo Nord che la NFL sia riuscita a trovare. "Ogni volta che vieni a Buffalo ti devi aspettare del tempo schifoso, specialmente alla fine della stagione. Sono contento di doverci venire solo una volta all'anno".
Le condizioni ad Orchard Park, in effetti, erano atroci: un vento a circa 60 all'ora; una temperatura, raffreddata anche dal vento, assestata attorno alla linea dello zero; Nell'overtime il campo era quasi completamente bianco, comprese le linee delle yards. In tali condizioni la cosa sorprendente è come abbiano fatto 47000 spettatori a resistere sulle tribune. Molto meno sorprendente è stato che sia Vinatieri che Christie abbiano sbagliato molto malamente i calci che potevano dare la vittoria prima ai Patriots, allo scadere, e poi ai Bills, durante il supplementare: in tali condizioni era un prodigio non cadere a terra durante la rincorsa...
La partita, come logico, è stata soprattutto accesa, ma priva di grandi giocate. Il solo dato di 9 fumbles (5 dei Pats e 4 dei Bills, di cui uno perso) dà l'idea di quanto duro fosse giocare decentemente. Bledsoe (13-26 per 156 yds) è stato bravo a condurre la squadra, soprattutto nei driver decisivi durante il 4° quarto e nell'overtime, conclusi con il TD di Faluk ed i calci (sbagliato quello allo scadere, segnato quello decisivo) di Vinatieri.
 Il fatto che una squadra come i Patriots, che ha notoriamente l'arma migliore nel braccio del suo quarterback, abbia totalizzato 189 yds di corsa e 142 di passaggio la dice lunga su quanto New England sia stata brava a rivoluzionare il suo game plan per adattarlo al tempaccio che si stava scatenando.
Flutie non è stato altrettanto brillante. Entrato nel secondo quarto al posto di Johnson (che, toccato duro, ha chiuso con uno score di 1-3 per 4 yds) ha totalizzato un 15-25 per 193 yds che ben si accosta ai numeri di Bledsoe. Ma per tre volte i Bills si sono trovati nelle 12 yds dei Patriots, ma ne sono sempre usciti senza punti: due calci di Christie bloccati dalla difesa ed un fumble di Flutie, perso, hanno affossato i Bills, e contribuito a chiudere quella che potrebbe essere stata l'ultima partita del piccolo grande Doug ad Orchard Park in maglia Bills. Bottom line: per i Bills si tratta solo di fare un viaggio a Seattle sabato prossimo, a giocare l'ultima partita al caldo di uno stadio coperto, e poi ci si potrà godere il Natale. In santa pace, leccandosi le ferite, e pensando al prossimo anno.Per i Patriots il discorso è più o meno lo stesso, ma con una differenza: domenica arrivano i Dolphins. E, come ha detto coach Belichick, "So che non andremo ai playoffs quest'anno. Ma basta che entri nello spogliatoio, e puoi vedere come questa partita significhi molto per questi giocatori".
Miami Dolphins 13 - Indianapolis Colts 20
Come spesso succede, le motivazioni più forti arrivano quando sei con le spalle al muro. I Colts hanno dovuto trovarsi in questa situazione, a tre partite dalla fine, per riuscire a tirare fuori da sé stessi la squadra vincente che tutti sapevano potevano essere. Hanno vinto uno spareggio-salvezza contro i Bills, grazie alla loro difesa, trattata per tutta la stagionecome la parente povera dell'attacco delle tre meraviglie. Ora hanno vinto in casa della prima in classifica, con una prova di squadra certamente meritevole. E sapendo che tutto ciò potrebbe anche non servire a nulla, domenica si giocheranno il tutto per la terza volta di fila.
Certo, ci si sono messi da soli in queste condizioni. Ma il modo in cui la squadra ha giocato nel primo tempo della partita di Miami è stato se vogliamo confortante. Perché Harrison non si è quasi mai visto, costretto a convivere con un Surtain davvero bravo. Perché James molto spesso si trovava a sbattere addosso al muro della linea di Miami o, quando riusciva a saltarlo, trovava Zach Thomas ad aspettarlo. Perché nemmeno Manning è sembrato il solito Manning, tant'è che le sue cose migliori le ha fatte con le gambe, anziché con il braccio: 1 TD corso e 20 yds totali, tutte cruciali, con chiusura di down inclusa. Eppure all'intervallo Indy era sopra 20-3, con Miami incapace di costruire qualcosa in attacco e la difesa che dopo aver subito il classico passaggio lungo (TD da 50 yds su Pollard) si era fatta sorprendere dalla citata corsa di Manning per il 14-0.
Nell'intervallo, invece, Wannstedt deve essersi fatto sentire, perché sono scesi in campo anche i Dolphins. Ed i Colts sono quasi spariti. Dopo il fg di Vanderjagt che li ha portati a quota 20 a metà del terzo quarto, quasi più nulla. La difesa, che nel primo tempo aveva subito qualcosina, ha preso a giganteggiare, concedendo le briciole a Indy, e l'attacco di Miami ha iniziato a farsi vedere. Niente di travolgente, intendiamoci, ma quel gioco tranquillo tranquillo che quest'anno tante volte i Dolphins hanno sfoggiato, lontano anni luce dai passaggi folgoranti di Marino ma che, grazie all'affidabilità di Lamar Smith ed alla precisione di Fiedler, ha consentito a Miami di segnara un po' di punti. 
Stavolta, come per altre 11 volte quest'anno, è stato Lamar Smith a segnare il TD, e poi Olindo Mare ci ha messo del suo, con 2 field goals.
Allora? Detta così sembra: un tempo per uno. E la differenza dov'è?
Eccola: come era successo sette giorni fa, anche stavolta sono stati gli errori ad ammazzare i Dolphins. 3 penalità solo nel primo drive Colts, 8 in totale. Due fumbles nel primo tempo (di cui uno, doppio, prima di Indy e poi di Miami, rivisto al replay è degno di "Sports Machine"). E mettiamoci anche alcune bruttissime scelte di Jeff Ogden, il punt returner, che si è mangiato almeno due ritorni chiamando il fair catch quando era solo. Ma, ahimè, i più gravi riguardano ancora Jay Fiedler.
12-25 non è certo un gran score, ma la pecca più grave è stato l'intercetto (di Jeff Burris) che a poco più di due minuti dalla fine ha stroncato l'ultimo tentativo di rimonta dei Dolphins. La gara è finita lì, e con essa anche l'ultima speranza dei Dolphins di agganciare un posto al sole nella postseason. Perché, ormai, i finali in calando sono una triste consuetudine a Miami e, anche se quest'anno i giochi sono ancora aperti, il morale non è certo dei migliori. Jason Taylor ha detto: "Ogni partita in dicembre è una partita di playoffs. I ragazzi devono capirlo. Altrimenti devono restare a casa invece di andare nel New England".
Bottom line: "Adesso almeno c'è speranza. Tutto ciò che so è che dobbiamo battere i Vikings". Ma Manning sa anche che potrebbe non bastare. Il quadro è complicato alla morte, ma in ogni caso Indy ha bisogno anche di aiuti esterni per arrivare ai playoffs. Se sia i Dolphins che i Jets vincono, sono fuori. In caso contrario possono anche arrivare a vincere la division. Ma, come detto da Manning, bisogna battere Minnesota.
In tutta la bagarre per i posti playoffs Miami è l'unica squadra che, per vincere la division, ha il destino nelle proprie mani: una vittoria a Foxboro vale il titolo della AFC East. Il resto sono calcoli: quello che conta è andare fuori, magari nella neve, contro i Patriots nemici di tante battaglie e batterli. Punto.

New York Jets 7 - Detroit Lions 10

I sentimenti sono contrastanti. Da un lato tutto è ancora possibile ed aperto. Con una vittoria i Jets sono ai playoffs, e se Miami dovesse perdere potrebbero anche vincere la division. Dall'altro, però, c'è il modo in cui questa sconfitta, e non solo questa, è maturata. La squadra è in netta fase calante e contro i Jets l'attacco è stato inconsistente. Alla fine della partita sono state solo 240 le yds guadagnate, con alcune scelte che hanno lasciato perplesso più di qualche osservatore.
Curtis Martin, da sempre l'ago della bilancia di questa squadra, ha chiuso con sole 52 yds all'attivo, perdendo nettamente il confronto con il suo "collega" dei Lions, James Stewart, che di yds ne ha guadagnate 164, suo massimo in carriera. Richie Anderson, il fullback fresco di convocazione al ProBowl, ha chiuso con nessuna yd corsa e 22 ricevute, un fumble perso ed è uscito per infortunio. Ma, ancora più grave è l'infortunio di Brian Cox, anima della difesa, che si è rotto la gamba destra. E, per far numero, anche il DE Ernie Logan è uscito per infortunio.
E Vinny Testaverde non è mai riuscito ad accendere la squadra. 21-36 per 194 yds non è un pessimo score, ma aggiungiamo l'intercetto cruciale nel 4° quarto (che ha portato i Lions a segnare l'unico touchdown della partita) ed il fatto che i Jets non hanno segnato nemmeno un touchdown, ed il quadro assume un altro aspetto. "Ci siamo fatti sfuggire un casino di occasioni (testuale: "a hell of opportunities" ...). Non abbiamo tempo di sentirci dispiaciuti per noi stessi". Alla fine, comunque, i Jets hanno comunque avuto la possibilità di pareggiare e portare la gare all'overtime. Ma il calcio di John Hall a 9 secondi dalla fine è uscito largo, forse deviato, forse sbagliato. In ogni caso, vittoria ai Lions. Bottom line: i Jets non hanno perso comunque nulla, tranne forse un po' di sicurezza in loro stessi. Ma la gara che li attende domenica è difficile almeno quanto quelle che attendono Miami e Indianapolis. La trasferta a Baltimore è dura, e se l'attacco non si risveglia, con la difesa dei Ravens può diventare anche durissima. Lo sprint, insomma, è lanciato: sotto l'albero di Natale troveremo i verdetti.

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