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AMERICAN FOOTBALL CONFERENCE
EASTERN DIVISION
by Mauro Rizzotto

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  Buffalo Bills 21 - Kansas City 17

Grande vittoria dei Bills, e per molti motivi. Perché ottenuta in un campo difficilissimo. Perché hanno battuto una squadra magari alterna, ma estremamente pericolosa, specialmente in casa. Perché sono rientrati nel gruppone e sono in corsa non solo per un posto in postseason, ma anche per vincere la division. Perché ha chiuso la questione Johnson-Flutie. E, beh, anche perché c'era il papà di Wade Phillips in tribuna e il coach ci teneva...
Rob Johnson, dicevamo, ha chiuso i giochi. 21-36 per 196 yds, nessun intercetto, due TD lanciati (a Moulds e Riemersma) e soprattutto la corsa decisiva in end zone per il TD della vittoria. Col brivido, perché inizialmente non era stato assegnato, ma dopo il replay è stato rivisto che con l'ultimo tuffo disperato Johnson era riuscito a toccare il piloncino della end zone. Quindi TD e vittoria.
Il resto della squadra, in attacco, non ha collezionato grossi numeri. Il miglior runner (Sammy Morris era fuori ed è stato rispolverato anche Antonwain Smith) è stato ancora Johnson (5/41). Il passing game è stato buono ma non esaltante. Ottime prestazioni invece sul fronte difensivo: 5 sacks, un intercetto, due fumbles di cui uno ricoperto ed un Cowart gigante (11 tackles). Insomma, la solita bella gara.
Bottom line: i Bills, nella corsa alla AFC East, hanno meno cartucce da giocarsi, visto che sono in svantaggio nel conto degli scontri divisionali. Un a bella grossa arriverà tra 15 giorni, quando ospiteranno i Dolphins per provare a mazziarli, come capita ormai da parecchi anni a questa parte. Prima però c'è da andare a Tampa...
Indianapolis Colts 24 - Green Bay Packers 26
Non era una partita con grandi motivi, vista la ben diversa posizione in classifica delle due squadre, ma una cosa su tutti la rendeva affascinante: Favre contro Manning. Il più tosto qb su piazza, pronto pur di giocare a passare sopra ad infortuni che ammazzerebbero chiunque di noi comuni mortali, contro il suo probabilissimo erede del titolo di miglior quarterback NFL. E il tutto sotto la neve del Lambeau Field.
Manning ha scoperto subito cosa vuol dire giocare nella frozen tundra: una safety quasi comica, con il pallone gelato che gli sfugge al momento del lancio, e i Colts sono stati subito sotto. E ha poi continuato a capirlo, guardando Favre che lanciava passaggi a destra e manca, fino all'intervallo ed allo svantaggio di 19-0.
Così, al rientro in campo, ha deciso di provarci anche lui. Un discreto drive nel terzo quarto ha portato ad un fg di Vanderjagt e poi, nell'ultimo periodo, l'esplosione: 3 TD (EG Green, Jim Finn e Jerome Pathon) che hanno rischiato di vincere la gara.  Purtroppo, sul ritorno di kickoff seguito al 2° TD, nessuno è riuscito a fermare Rossum, che si è corso 92 yds sotto la neve per entrare in end zone, segnare, uscirne e andare a tuffarsi dritto nella folla. E i Colts sono tornati a casa sconfitti. Bottom line: sono troppe le battute d'arresto che ha avuto questa squadra, che tutti davano per dominatrice. È pur vero che vivendo nella AFC East il discorso playoffs è sempre fatto di ammucchiate e di sfide divisionali, ma le troppe pause e partite perse alimentano dubbi sulla reale consistenza dei Colts, specie se rapportati alle attuali forze dominanti AFC come Raiders e Titans. C'è ancora tempo per invertire la rotta, certo. Intanto, da domenica, comincia l'operazione "squish the fish". Obiettivo: la division.

New England Patriots 16 - Cincinnati Bengals 13

"Sono contento per la vittoria. Stasera possiamo farci un paio di drinks, invece di stare lì a piangere nella birra. Sarà un pochino più dolce" è stato il commento di Bruce Armstrong, che è diventato il recordman all-time dei Patriots per partite consecutive (207). Ma è stata una faticaccia vincerla, questa gara, anche se dall'altra parte c'era una squadra per cui gli aggettivi sono ormai finiti. E i numeri dicono, per una volta, tutto.
Bledsoe, con il solito malanno al pollice, ha chiuso 22/36 per 238 yds e 1 int, imbeccando con costanza Terry Glenn (11/129) e Troy Brown (8/110). Ed è ironico che l'unico TD sia venuto con una corsa (da 1 yd di Tony Carter), perché il bilancio del running game è da paura: fuori Redmond, Pass ha avuto 39 yds, Faulk 4 (quattro) e Bledsoe -4.
 Ed è una fortuna che la scossa che Scott Mitchell (20/38 per 236 yds, roba che Akili Smith ci metteva 4/5 partire a farle...) ha dato ai Bengals non sia stata sufficiente. Perché l'ultimo drive dei Patriots, allo scadere, con la palla sulla 1 yds, li ha visti incapaci di entrare e segnare per due volte. Poi, con soli 3 secondi rimasti, ovviamente Belichick ha ordinato il calcio di Vinatieri, ma la sensazione di difficoltà non è stata bella.
Bottom line: giovedì i Patriots sono invitati a Detroit alla Festa del Ringraziamento. Non sono in effetti molte le cose per cui la franchigia del New England quest'anno dovrebbe ringraziare, ma magari un buon auspicio per il prossimo anno ci potrebbe stare...
New York Jets  20 - Miami Dolphins 3
Come volevasi dimostrare, i Jets battono i Dolphins, ed anzi gli fanno pure male. Sono tre anni che Miami non riesce a vincere contro i biancoverdi newyorkesi, e in tutte le occasioni la sconfitta è stata particolare: combattuta, incredibile (come il Miracle Comeback dello scorso mese), brutale (come questa) e quasi sempre i Dolphins hanno avuto più di un motivo per recriminare. Ieri sono stati gli infortuni chiave di Jay Fiedler e Lamar Smith ad ammazzare l'attacco ed a consegnare la gara ai Jets, che non hanno fatto nulla di più di una onesta partita. Testaverde ha chiuso 13/28 per 102 yds con 2 intercetti e quasi nessun lampo. Chrebet si è fermato a 2/22, Ward a 1/12. Tutto l'attacco era stato messo sulle spalle di Curtis Martin che era a 14 portate per 54 yds quando si è infortunato ed ha dovuto uscire. Ed è entrato l'eroe di giornata, il più inatteso ma, a posteriori, il più ovvio: Bernie Parmalee, 7 anni a Miami, amato dai tifosi e tagliato lo scorso anno da JJ (che, dovendo scegliere i migliori tra i runners a sua disposizione aveva scartato anche Tyrone Wheatley). "Non ero in cerca di rivincite" ha poi detto "È solo che noi dovevamo vincere e stavamo giocando contro i Dolphins". Ed alla fine ha messo insieme gli stessi numeri di Martin (14/57) con in più i 2 touchdowns che hanno chiuso la gara nel 4° quarto.
La partita è stata, com'era prevedibile, una battaglia di posizione. Alla fine le due difese hanno concesso poco (200 yds quella dei Jets e appena poche di più, 228, quella di Miami) e la poca differenza l'hanno fatta gli attacchi. 
E se i Jets hanno combinato qualcosa, i Dolphins hanno fatto ricordare quello dello scorso anno: incapace di chiudere i downs (10 primi down contro i 18 di NY), di correre (solo 83 yds, di cui 50 arrivate da un rispolverato JJ Johnson)e perfino di passare con continuità (solo 117 yds sparse tra tutti con Gadsden migliore con 2/42). E un Damon Huard spaesato (16/29 per 128 yds, con 3 intercetti), brutta copia non solo di Fiedler, ma anche del giocatore che lo scorso anno aveva guidato Miami ad un record di 4-1 durante l'assenza di Dan Marino.
L'unica segnatura è venuta dal piede di Mare, che nell'unica occasione in cui è stato chiamato all'opera non ha sbagliato. Per il resto, solo tanta sofferenza e l'amarezza infinita di non riuscire proprio a battere i Jets.
Bottom line: i Jets sono in piena corsa, ma senza convincere fino in fondo. Domenica hanno il turno più facile tra i quattro contendenti, ricevendo i Bears. Vincendo si torna in vetta, sempre che Miami non faccia il colpaccio. Vincere ad Indy? Teoricamente i Dolphins al completo ce la possono fare, ma forse l'ipotesi più probabile per la prossima domenica sera è quella di tre squadre in testa alla pari. Ed in quel caso il calendario prossimo di Miami non è certo un alleato: in sequenza: Colts, Bills, Bucs ed ancora Colts. Si preannuncia un bel finale nella AFC East.

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