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FABIO GENTILE
Dopo aver letto a parecchi interventi mi sento di dire alcune cose, tanto per cominciare dobbiamo mettere due pali per evitare di uscire dal succo del discorso:
1 IL TASSO TECNICO DI MICHELANGELO BELFIORE
Allora, io sono convinto che lo spettatore (soprattutto se neofita) non sia in grado di capire appieno il football giocato e quindi si accontenterà di quello che vede, questo vale per tutti, a volte si vedono partite NFL "PENOSE", che magari finiscono 7-0 (se va bene) con errori da una parte e dall'altra, stesso discorso per il calcio (ad esempio), in serie A si vedono penosissime prestazioni (a volte anche premeditati 0-0 che fan comodo ad entrambi).
Quindi un conto è la "coreografia" della partita, sulla quale sono d'accordo (divise e caschi in ordine, campo segnato alla perfezione...
e magari anche una gradinata decente per vedere la partita), ma un altro è l'atletismo o meno dei giocatori...
questo lo spettatore non lo capisce tanto presto... e quando inizia a farsi l'occhio oramai è contagiato dal football per separarsene.
Il tasso tecnico ed atletico competono solo ad allenatori e giocatori perchè portano a casa il risultato, al tifoso italiano basta che la partita si giochi ... in un contesto dignitoso, poi sarà il tifoso ad essere felice o meno del risultato, ma questo succede in ogni sport.
2 IL PRODOTTO FOOTBALL DI ANDREA BASSO
Ho letto con interesse questo "capitolo" ma secondo me è troppo avanti per la realtà del football italiano, e forse europeo, non credo sia possibile allo stato attuale discutere o programmare in questi termini, più logico, come dice Foglio, iniziare a curare le squadre.
Il marketing "presupposto" da Andrea è troppo vincolante per la squadra italiana perchè se diritti di immagine e sfruttamento dei marchi sono in mano alla federazione, allora ci vuole una federazione che garantisca un ritorno minimo anche in caso di fallimento dell'operazione marketing, e allo stato attuale non abbiamo la solidità economica per farlo.
Infine il problema sta nel consumatore, qui siamo in Italia, e forse sarebbe più facile copiare il sistema di realtà più vicine a noi (Germania?) che quello USA, dove notoriamente il mercato è ben diverso da quello europeo (e credo lo sia anche l'approccio del consumatore).
Ora veniamo succintamente al nocciolo della questione, come salvare il football italiano.
Come scritto poc'anzi, credo sia utile prendere esempio dai nostri vicini europei e capire da loro come si lavora per portare avanti questo sport.
In Germania la AFVD è una SOCIETA' PER AZIONI (mi pare) ed anche coordinatrice delle LEGHE TERRITORIALI (che sono 10).
Le leghe territoriali (VERBAND) si occupano di promuovere il football nelle città, di organizzare i campionati minori (FLAG e UNDER15) e in pratica fanno quello che dovrebbe fare una federazione nazionale, ma lo fanno su scala locale.
Io sto cercando di capire passo passo come lavorano e potrei essere inesatto su molti punti riguardo al loro funzionamento, ma quello che ho capito bene è che li le cose FUNZIONANO.
Più di 200 società e 20000 praticanti, loro dicono che fanno da soli quello che fa il 50% del resto d'Europa!!!!!!
Penso che oggi come oggi in Italia nessuna squadra possa stare agli standard tedeschi...e quando dico nessuna intendo nessuna, nemmeno Lions o Dolphins, e non è difficile capire perchè, basta andare sui siti tedeschi per capire la differenza di investimento tra loro e noi.
Con questo non intendo naturalmente denigrare il lavoro di nessuno.
Pensateci comunque, credo che valga la pena di capire come lavorano i crucchi perchè loro sono calciofili come noi (più o meno), eppure sono riusciti a fare del football uno sport professionistico persino nella loro serie B (la bundesliga) mentre da noi è dilettantistica addirittura la serie A (Golden League).
Il decentramento è necessario, ma è necessario ancora di più un equo coinvolgimento di tutte le squadre, non deve esistere il problema della squadra forte e con i soldi che decide per tutti, altrimenti rimaniamo pure come siamo.
Fabio Gentile