Ci siamo: siamo in campo. Alcuni giocatori si stanno scaldando sul terreno di gioco, che al momento è popolato di tecnici TV che stendono migliaia di chilometri di cavi. A centrocampo, Kurt Warner conversa amabilmente con Dan Fouts ed Erick Dickerson mentre spara palloni a Torry Holt. A bordo campo il resto del Monday Night team (Al Michaels, Dan Dierdorf e Melissa Stark) vengono intrattenuti da John Shaw, vicepresidente dei Rams. Man mano che il tempo passa il campo si riempie di Rams e Broncos pronti per il warm-up. Mi sento quasi un turista giapponese, che scatta freneticamente fotografie a tutto quanto abbia una maglia blu e oro. Comincio a chiedermi se i rullini in borsa mi basteranno, e decido di contenermi nelle fotografie per preservarne un po' per la partita. Lo stadio si riempie poco a poco e la tensione sale. Io continuo a girare con il mio sorriso ebete e la mia macchina fotografica. Ad un certo punto Jeff Zgonina posa il casco a terra, ed io ne approfitto per fare un bel primo piano (versione di mia moglie dagli spalti: "Quando quel giocatore ha messo a terra il casco ti ho visto scattare come un furetto ed ho pensato "adesso gli frega il casco", e così deve aver pensato anche il giocatore, perché sembrava preoccupato. Poi quando ha visto che volevi solo fotografarlo ha incominciato i suoi esercizi di riscaldamento tranquillo"). Mancano dieci minuti all'inizio della partita, ed al TWDome si spengono le luci. Sul maxischermo vengono mostrate le immagini della trionfale stagione 1999, e quando si arriva al TD di Bruce al Superbowl tutto lo stadio intona un "Bru-Bru-Bru-Bru" che fa venire la pelle d'oca. Il pandemonio più totale lo si raggiunge però al placcaggio di Jones su Dyson. Il frastuono è assordante, ed al termine del filmato viene scoperto, in una pioggia di fuochi d'artificio, il banner che celebra la vittoria nel superbowl XXXIV. Subito dopo l'occhio di bue si sposta a centrocampo, dove Georgia Frontiere presenta al pubblico il Vince Lombardi Trophy. Standing ovation, e corsa dei fotografi per immortalare la scena. Con abile mossa approfitto del trambusto per portarmi in prima fila all'uscita dei giocatori. I fuochi d'artificio sono pronti, il collegamento con l'ABC è già cominciato: tutto è pronto. In un frastuono assordante, tra fumi e fuochi d'artificio, i Rams fanno il loro ingresso in campo. A parte per un inserviente che avremmo tutti ammazzato volentieri (con tutto il dome a disposizione, si è piazzato proprio di fronte al nugolo di fotografi che cercava di immortalare l'uscita dei giocatori!!!) il momento è incredibile. Ho la pelle d'oca: dopo vent'anni finalmente posso assistere ad una partita dei Rams, e per di più dalla sideline!!! Al primo gioco dopo il kickoff mi piazzo in corrispondenza della linea di scrimmage. Un inserviente mi dice che devo stare inginocchiato, e da' un'occhiata piuttosto sospettosa al mio pass. Non si nota affatto che non sono un fotografo professionista. Tra la telecamera della NFL Films, il microfonista con parabola ed un paio di fotografi con dei cannoni da mezzo metro di lunghezza, io con la mia Yashica con zoom Vivitar 28-80 mi sento un pesce fuor d'acqua, e penso sempre che da un momento all'altro arriverà un energumeno in divisa, mi strapperà il pass di dosso e mi butterà fuori dal campo a calci nel sedere. Infatti Bill (che era in campo con me assieme alla figlia) mi si avvicina e mi dice "Stai attento, il nostro pass è valido per il campo solo nel pre e nel post partita. Mi hanno appena detto di andare fuori". Da buon italiano penso che a me non mi fregano mica, e con abile mossa infilo il pass sotto la tracolla della macchina fotografica, nascondendo i numeri che ne indicano la validità. Purtroppo l'abile mossa non sfugge ad uno dei tredicimila inservienti dello stadio che, da buon americano, mi tira fuori il pass, lo guarda e mi prega di accomodarmi altrove. Potrò rientrare in campo solo al two minute warning.
Ecco… mentre Warner viene intercettato io sono nei corridoi dello stadio, rassegnato a vedere la partita da un televisore. Di andare tra il pubblico non se ne parla neanche: con il pass stampa puoi andare dappertutto tranne che sugli spalti, per accedere ai quali è necessario avere un biglietto ed un posto assegnato. Griese segna il primo TD della partita, e ci viene un'illuminazione: se non possiamo stare in campo ci sarà certo un posto in tribuna stampa!! Così è in effetti, e ci ritroviamo al nostro posto nella tribuna stampa settore nord (quella dei "poveri" per intenderci), in mezzo ad un nugolo di giornalisti di Denver. Per accedere al mio posto mi sono dovuto spacciare per il panamense Roberto Guardia (il vero titolare del mio pass), ma questo è un dettaglio senza importanza.
La partita scorre via veloce, e purtroppo debbo anche contenermi nell'esultanza, per allinearmi al resto dei giornalisti che, in occasione dei TD dei Broncos, si limitano a degli entusiastici "Yes!!!" oppure, in occasione dei TDs dei Rams, ad uno sconsolato "Nooooo!!!". Ho comunque modo di sperimentare i privilegi che un accredito stampa ti può portare: programma della partita gratuito, statistiche in tempo (quasi) reale, media guide, comunicati stampa e soprattutto libero e gratuito accesso ai bar ed al buffet dello stadio.
Dopo il TD di Holcombe, che fissa il punteggio sul definitivo 41-36, scendiamo per rientrare in campo al two minute warning. Faccio in tempo a fotografare i due sacks che chiudono l'incontro e poi è festa grande. Il campo è pieno di gente, e la mia macchina fotografica continua a scattare come impazzita. Mentre Melissa Stark intervista Marshall Faulk, entro negli spogliatoi, dove ho la possibilità di scambiare qualche parola con alcuni giocatori. Uno su tutti: Ernie Conwell. Il ragazzo è gentile e disponibile, ma quando scopre che sono venuto dall'Italia per vedere la partita scoppia a ridere e mi dice che sono matto. Probabilmente ha ragione, anzi… sicuramente.
Il nugolo di giornalisti improvvisamente si sposta, e capisco che la conferenza stampa di Martz sta per iniziare. Mi affaccio alla porta, indeciso se entrare o meno, ed una gentile signora bionda con un vistoso anello a doppio dito mi prende per un braccio invitandomi ad entrare. La gentile signora altri non era che Georgia Frontiere, proprietaria dei Rams, ed il vistoso anello era quello del Superbowl: grosso il doppio di quello (già mastodontico) che avevamo visto al mattino.
La giornata si avvia alla fine. Giusto il tempo per essere quasi investito dal camioncino (come chiamarlo altrimenti… muletto?!?) che portava al pullmann uno sconsolatissimo Terrel Davis con una caviglia grossa come un melone, e raggiungere gli altri al Drury per un'ultima birra.
Il problema è: ora sono passati quindici giorni. Quando mi sparirà quel sorriso ebete dalla faccia?

Massimo Foglio

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