Una volta erano i sogni.... e le favole.... e Bruno Beneck
L’ultima volta che ho potuto ascoltare la sua
voce è stato in un caldissimo pomeriggio di quest’ultima estate: speravo
tanto di poterlo avere fra noi allo Stadio dei Marmi per festeggiare il XXX
anniversario dei Gladiatori.
I suoi Gladiatori.
La telefonata durò poco,
poiché la commozione aveva prevalso sullo spirito di quel vecchio combattente e
già in quell’occasione avrei dovuto intuire qualcosa; quel suo stentato
“……ciao, campione……” con il quale chiuse la telefonata, mi riempì
di tristezza, ma anche di orgoglio, perché lui i campioni veri, oltre ad averne
conosciuti tanti, da sempre li aveva avuti in famiglia.
Avevo cercato in ogni modo di convincere Daniela, sua figlia, a lasciarlo venire
alla grande festa di luglio, predisponendo ogni cosa per accompagnarlo e farlo
stare il tempo strettamente necessario per il cerimoniale, perché il
Trentennale dei Gladiatori, senza Bruno Beneck, sarebbe stato un avvenimento
diverso, sicuramente più povero.
Daniela cercò in tutti i modi di farmi capire che non era possibile, ma io
semplicemente mi ostinavo a non comprendere come il Presidente non fosse in
condizione di partecipare alla “sua” festa.
O forse non volevo………
Il Presidente della Federbaseball, membro della Giunta del CONI, Presidente
della Lif, già Presidente della Federnuoto, regista della Domenica Sportiva,
Presidente della Cinematografia Sportiva Mondiale; il padre di Anna e Daniela
Beneck, campionesse di nuoto, genero di Roberto Frinolli e Salvatore Morale,
olimpionici d’atletica, quell’inarrestabile vulcano di idee, come poteva
lasciarsi vincere dal trascorrere dei giorni?
Ricordo come fosse ieri quel suo volto raggiante per il Ventennale del 1983,
già……ventennale, trentennale………..
A volte ci ostiniamo a pensare che per le persone che ci sono più care il tempo
non passi e continuiamo così a vederle in un altro modo, semplicemente diverso
dalla realtà.
Bruno Beneck ha vissuto da protagonista, capace come era di entrare
fragorosamente nella vita degli altri, coinvolgendoli nei suoi sogni e
realizzando così progetti apparentemente impossibili.
Un po’ come avviene per le favole.
Di lui si potrebbe scrivere per giorni interi (ne sa qualcosa l’amico Fausto
Batella, vero?) ed invece, paradossalmente, mi scopro privo di parole, indeciso
nello scegliere questo o quel ricordo particolare, anche perché tutto mi appare
inadeguato.
Avrei bisogno di più tempo per riordinare tante immagini che nella mia memoria
scorrono veloci come la pellicola di un film, mentre io vorrei arrestare i
singoli fotogrammi per poterli ricordare tutti, uno per uno.
Sono stati tempi formidabili quelli che abbiamo vissuto grazie a Beneck io ed i
miei compagni di avventura, più fortunati rispetto agli allora ragazzi del
grande Gionni Colombo e che sicuramente avrebbero meritato più spazio nella
memoria collettiva: Del Freo, Zoncati, Brambilla, Angona, Talone, Crosti, Dho e
tanti, tanti altri.
A differenza di Colombo, Beneck era un mago della comunicazione e grande
organizzatore di eventi, con in più uno spirito ed una carica che non
possedevano nemmeno i più giovani fra noi; quando si trattava di progettare,
nessuno riusciva a stargli dietro.
Per Beneck, in primo luogo, il football americano doveva essere uno spettacolo e
la partita in se una sua componente.
Più di ogni altro, immeritatamente, io ho potuto godere di questa sua
capacità, dei suoi mezzi, finendo con l’essere positivamente associato a quel
periodo, a quei suoi progetti, spesso venendo identificato dagli addetti ai
lavori nella più bella delle sue idee.
La verità è che lui per primo in Italia intuì le potenzialità di questo
nostro sport e senza Bruno Beneck i Gladiatori Roma non sarebbero mai esistiti.
Agli inizi del 1981 sfiorammo la clamorosa fusione che avrebbe potuto proiettare
il nostro football americano al vertice assoluto in Europa, regalando all’Italia
una leadership difficilmente contrastabile per gli anni a venire.
Ed invece quell’anno la lega e l’associazione, per sempre divise,
affrontarono separatamente la Germania: per prima la Lif e poi l’AIFA. Unendo
le forze non ci sarebbe stata storia, per loro, come per nessun altro. Beneck e
Colombo insieme: che cosa fantastica!
Ma le cose andarono diversamente.
Le sensazioni sgorgano copiose…..e ora che ci penso, credo proprio che il
nostro Presidente abbia aspettato che i suoi Gladiatori tornassero nell’arena,
prima di lasciarci, sincerandosi che ci saremmo tutti impegnati a proseguire in
quel solco da lui tracciato e lungo già più di trent’anni: sarà difficile
farlo alla sua maniera, ma in fondo proprio Beneck ci ha insegnato che nello
sport, nel gioco, si può tornare ragazzi. Da grandi.
Per il momento io preferisco ricordarlo come nel periodo più gioioso della sua
vita, alla fine di quegli anni settanta, quando il football americano era un
pianeta pressoché sconosciuto e Beneck ci conduceva per mano, come un papà, a
scoprire un mondo che ci affascinava e che aveva certamente un diverso sapore.
C’era sicuramente più gioia e disponibilità a concederci senza alcuna
condizione, da parte di noi pionieri, perché prima di tutto amavamo quello che
facevamo. Anzi, ora che ci penso, anche i lanci con quei palloni, oggi così
fuori moda, erano diversi: sfarfallavano ed erano decisamente meno belli a
vedersi, eppure viaggiavano lontano. Ed il segreto lo conoscono bene ancor oggi
i Volterra, gli Sbordoni, i Benezzoli, i Gallivanone, perché sotto quelle
cuciture c’era qualcosa che oggi sembra svanito, ridotto a semplice aria.
Dentro, c’erano i nostri sogni.
Marcello Loprencipe
(Gladiatori
Roma)