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Il Giorno di lunedi 17 luglio

FOOTBALL AMERICANO: CHAMPIONS LEAGUE AI LIONS BERGAMO

MILANO, 16 LUGLIO - I Lions Bergamo hanno vinto la Champions League di football americano battendo per 35-10 i Mean Machine di Stoccolma. L'incontro si è svolto ieri sera al velodromo Vigorelli di Milano. I Lions hanno centrato il terzo grande successo stagionale, dopo campionato ed E robowl, facendo il grande slam in questo sport.
Nella squadra italiana in grande evidenza il runner americano Tyrone Rush che con due touchdown ha fissato il punteggio finale, così come il quarterback Dino Bucciol e il ricevitore Matteo Soresini. Bene fra gli svedesi il runner Mario Santos autore dell'unico touchdown del suo team.

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Football Americano : Champions League, il ruggito dei Lions
La formazione bergamasca si è aggiudicata la prima edizione della Champions League superando per 35-10 gli scandinavi del Mean Machine Stoccolma. Un tripudio nel sabato sera milanese al Vigorelli

Sabato sera a Milano i Lions Bergamo hanno battuto i Mean Machines Stoccolma 35-10 nella finale della prima edizione della Champions league di football americano. Un trionfo colto al termine di una stagione che consegna i bergamaschi alla storia di questo sport. I “leoni” infatti hanno vinto tutte le partite ufficiali della stagione, conquistando il loro terzo scudetto consecutivo, l’Eurobowl (la più vecchia competizione europea in questa disciplina) e la neonata coppa campioni.
Ad impressionare maggiormente è stata soprattutto la facilita con la quale Bergamo ha raccolto tutti questi successi. Solamente i Crocodiles di Colonia, incontrati nella semifinale di Eurobowl, hanno infatti lottato sino all’ultimo minuto contro il team orobico sfiorando il successo. Per il resto nessuna squadra, neanche le tre avversarie nelle altrettante finali, ha saputo essere all’altezza di Tyrone Rush (il fenomenale runner ex NFL) e compagni. Non hanno fatto eccezione nemmeno i Mean Machines, sulla carta squadra solida e di talento. Andati in vantaggio con un calcio piazzato nel primo quarto gli svedesi sono stati subito dopo rimontati dai bergamaschi con ben due mete e solo prima del riposo hanno piazzato i loro unici sette punti su azione. Nella ripresa poi Bergamo è dilagata segnando altri 21 punti mentre Stoccolma, che ha esibito un gioco decisamente semplice, appariva incapace di reagire. MVP della gara anche questa volta è stato eletto Tyrone Rush.

L'Eco di Bergamo di lunedi 17 luglio

Con gli svedesi al Vigorelli completato il Grande Slam

Lions Bergamo35 vs Stoccolma10 (0-3; 14-7; 7-0; 14-0)
Anche l'ultima partita è nel segno di Tyrone Rush: è legato infatti alle corse dell'asso statunitense l'allungo decisivo degli Europizzi Lions Bergamo nella finale di Champions League giocata sabato sera al velodromo Vigorelli di Milano contro gli svedesi dei Mean Machine Stoccolma.
Proprio due corse di Rush nell'ultimo quarto (da 3 e 25 yard, entrambe trasformate dai calci da un punto di La Fata) hanno infatti chiuso definitivamente a favore dei Lions una partita che fino ad allora era stata estremamente combattuta. Gli svedesi erano andati in vantaggio subito con un field goal (calcio da tre punti) di Danielsson, che restava l'unica segnatura di tutto il primo quarto. Nel secondo parziale i Lions andavano a segno con una corsa da 5 yard di Bucciol (punto addizionale di La Fata) e con una spettacolare combinazione aerea da 88 yard (anche questa trasformata da La Fata) fra Bucciol (che lanciava) e il ricevitore Soresini (che andava in end zone). Prima dell'intervallo però i Mean Machine si riportavano sotto con un touch down di Santos, trasformato da un punto da Danielsson: il parziale a metà gara era così di 14-10. Nel terzo quarto i Lions allungavano con una ricezione da 16 yard di Thomas Verzeri (lancio di Bucciol, calcio da un punto di La Fata), e nel quarto arrotondavano con i due touch down di Rush. «All'inizio - spiega il coach dei Lions Carlos Barocio - gli svedesi ci hanno messo in grossa difficoltà perché giocavano in modo da non fermare il cronometro, facendo scorrere velocemente il tempo e tenendo fuori dal campo il nostro attacco. Poi però alla lunga abbiamo preso il nostro ritmo, e abbiamo giocato il football che sappiamo giocare». Quello che ha portato i Lions a essere i numeri uno in Europa.

«Per i Lions il bello comincia adesso»
Barocio: «Ora tutti sanno chi siamo. E d'ora in poi ogni partita sarà una finale»

«Finalmente è finita. È tutto quello che riesco a dire. Certo, se è finita solo ora è perché siamo arrivati fino in fondo su tutti i fronti. Ma adesso voglio tornare a casa, in Messico. E per un po' guardarmi il football come uno spettacolo, non come un lavoro».
È più stanco che felice, Carlos Barocio, il giorno dopo la vittoria che ha proiettato gli Europizzi Lions Bergamo nella storia del football americano europeo. L'allenatore messicano, 34 anni, formazione tecnica statunitense e un ottimo passato da giocatore con New Mexico State, non era atteso da un compito facile quando arrivò nell'inverno scorso. Doveva dare un volto a un gruppo pieno sì di grandi individualità, ma che dovevano essere amalgamate e trasformate in una squadra. E soprattutto doveva vincere: in Italia, dove i Lions dovevano mantenere la leadership, e in Europa, dove dovevano conquistarla dopo anni di delusioni.
Lui ha preso i suoi campioni (italiani, canadesi, statunitensi, messicani) e ha messo subito le cose in chiaro. Parlando a ognuno nella sua lingua, giusto per evitare malintesi. Sì perché Barocio, oltre a essere un maestro della palla ovale, parla alla perfezione tre lingue. E se si considera che due di esse (spagnolo e inglese) sono le più diffuse al mondo, si spiega perché questo messicano dal carattere allegro e solare di mondo ne abbia visto parecchio, da quando ha preferito mettere a frutto la sua passione e la sua profonda conoscenza del football piuttosto che un titolo di studio in informatica che gli avrebbe garantito un lavoro sicuro dalle sue parti.
Stagione finita, missione compiuta. Che fa ora Carlos Barocio?
«Se ne va a casa, a Monterrey. E per un po' non vuole più sentir parlare di football. Potrei allenare là, la stagione comincia a settembre e i tempi si combinano bene con quelli italiani. Gli altri anni facevo così, ma quest'anno non credo. Una bella vacanza, poi comincerò a lavorare come traduttore. E a godermi il football da appassionato, andando a vedere un po' di partite di Nfl o di college». E tornerà a Bergamo?
«Ne parlerò in questi giorni con la società, ma è questione di dettagli. Voglio tornare, abbiamo appena cominciato un discorso, il bello arriva adesso». Sarebbe a dire?
«Che ora tutti in Europa sanno chi sono i Lions. E l'anno prossimo ogni partita contro di noi sarà un Superbowl per chi la gioca. Questo renderà tutto molto più difficile per noi, ma anche molto più bello. Sono orgoglioso di quello che abbiamo fatto». Ma un messicano come si trova nella fredda Bergamo?
«Benissimo. La città mi piace moltissimo, e la gente pure. Avevo sentito dire che i bergamaschi fossero gente chiusa, fredda. Beh, quelli che ho conosciuto io sono l'esatto opposto. E quando vedono che sei straniero noto in tutti una gran voglia di parlare, di comunicare». Per una stagione così è difficile trovare persino un aggettivo. Lei come la definirebbe? «C'è poco da dire. È stata una grande gioia per tutti noi: giocatori, allenatori, dirigenti, collaboratori, tifosi. Ognuno ha fatto il suo, e solo quando ognuno fa il suo arrivano i grandi risultati. Avevamo una grande responsabilità, la società aveva investito tanto per i suoi obiettivi. Non potevamo fallire. Non abbiamo fallito». Il momento più bello?
«La vittoria nell'Eurobowl. Andare a vincere ad Amburgo davanti a 20 mila persone è stata un'esperienza indimenticabile. Ma il vero Eurobowl, in fondo, l'avevamo già vinto contro Colonia. È stata la sfida più difficile dell'anno, la vera finale. Contro Amburgo non è stata così dura». E gli altri trofei?
«Lo scudetto per me è molto importante. Ne avevo vinti due in Spagna, con i Badalona Dragons, ma in Italia allenando Palermo non ci ero mai neppure arrivato vicino. La Champions League è una manifestazione che deve crescere: senza i tedeschi non ha senso, come livello medio sono loro i più forti d'Europa. Nel giro di qualche anno Eurobowl e Champions League sembra siano destinate a fondersi in un unico grande campionato europeo. E allora se ne vedranno delle belle». Ma quanto è stato difficile motivare i giocatori dopo che il successo più importante (l'Eurobowl) era già arrivato prima degli altri? «Non è stato difficile, sono gente seria. È stato invece difficile combattere contro la stanchezza, soprattutto mentale».
Piero Vailati

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