Dedico questa lettera a Vukaj Bledar.
Perché nutro nei suoi confronti un affetto pari a quello che provo per tutti
i giovani sportivi e per quello che assieme riusciamo a rappresentare nel mondo
del football.
Penso a lui, alla sua famiglia, agli amici ed a tutti coloro che hanno avuto
la fortuna di conoscerlo sicuramente più di me, che ho avuto il solo piacere di
vederlo calcare i campi in un paio di occasioni.
Penso alla giovane vita spezzata, a quello che poteva dare e ricevere, a
quanto poteva avere dalla sua esistenza. E non riesco a rassegnarmi all'idea di
non poterlo più vedere sui campi di football. Perché li, solamente in quella
occasione, avrei potuto incontrarlo.
Mi immagino lo sconforto totale della sua squadra, la profonda tristezza di
tutti i suoi compagni. Ed a loro sono vicino nel terribile dolore di questi
giorni.
Io che ho provato in questi anni la stessa sensazione per alcuni grandi
compagni di squadra. Io che ho perso in diciotto anni di carriera i protagonisti
di buona parte dei miei più cari ricordi, oggi ho ben poco da raccontare ai
ritrovati Panthers.
Luca, Alessandro, Dante, Andrea, Luigi, Enrico e Giovanni. Amici nella vita
come sul campo, oggi rimangono stampati nella mia memoria come impressi da una
forza soprannaturale. Ed io sono riuscito a dedicare sempre a loro ogni pensiero
nei momenti salienti della mia esistenza.
Facile dire che la vita continua, stupido ribadirlo con insistenza proprio
oggi. Ma il tempo, questo maledetto tempo, vi aiuterà a continuare nel vostro
cammino. Dando a tutti voi la grande possibilità di ricordare l'amico scomparso
ogni volta che vorrete. Senza paura di disturbare o di essere inopportuni.
Perché solo questo possiamo fare. Ricordare.
Nella speranza che un giorno le nostre lacrime possano sgorgare per un lieto
evento, che i nostri volti tirati dalla sofferenza possano strappare un sorriso
alla vita, che dalla nostra gola esca liberatorio un urlo di gioia. Anche se un
vuoto incolmabile rimarrà per sempre all'interno della nostra squadra.
Vi invito a continuare. A farlo per
Vukaj, per i vostri compagni, per i
tifosi e per voi stessi. Perché voi avete bisogno di questa fantastica vita.
Perché il nostro meraviglioso mondo sportivo ha bisogno di voi. Perché questa
è la strada da percorrere e dobbiamo percorrerla con amore e dedizione.
Tutti noi vi siamo vicini. L'allenamento della mia squadra ieri sera ha
toccato momenti di profondo sconforto perché certe cose fanno riflettere.
Pensare alla precarietà della nostra esistenza fa venire strani pensieri,
soprattutto ai più giovani. Ma deve aiutare ad affrontare la vita nella giusta
maniera. Rispettandola e sfruttandola con estrema parsimonia tanto è preziosa.
Io ti saluto, caro
VuKaj, immerso in questi casi nel poco razionale che c'è
in me. Augurandoti da credente incazzato i piaceri dell'aldilà e nella speranza
che tu possa giocare il vero football in un mondo parallelo fatto di pace,
amicizia, amore e tanta collaborazione. Dove potrai dare braccio alla tua
fantasia e diventare grande leader di un attacco ideale. Forza ragazzone,
presentati sul campo. Da oggi hai tutto il tempo che vuoi per giocare e
divertire i miei amici più cari.
A noi il ricordo dei tempi migliori che non torneranno più. Ai tuoi cari il
vuoto incolmabile di chi resta, nella speranza di ritrovare almeno la serenità
perduta.
E se poi ti capitasse di essere avvicinato da un presidente dall'aspetto
solare, che sicuramente starà sgranocchiando una manciata di noccioline,
mettiti tranquillo nelle sua mani e digli che ti mando io.
Quello è mio padre.
Enrico Bertorello