QUANDO INCONTRAI TEX SCHRAMM
(ovvero tentativi di WLAF in Italia)

by Roberto Gotta

Il bellissimo e documentatissimo articolo di Massimo Foglio e Mark Ford di qualche settimana fa ha permesso di riaprire una finestra sulle vicende della nascita e dello sviluppo - mancato per quel che riguarda l'Italia - della World Football League. 
Leggendo il nome di Tex Schramm, scomparso qualche mese fa, è stato inevitabile andare con la mente al secondo coinvolgimento dell'ex presidente dei Dallas Cowboys nel tentativo della NFL di aprire una succursale agonistica in Europa, ed anche in questo caso l'Italia venne sfiorata ma alla fine non presa in considerazione. 
Avendo avuto esperienza diretta della situazione, ne faccio qui una breve rievocazione, scusandomi per l'anti-giornalistico uso della prima persona singolare, ma in fondo si tratta di un fatto che mi riguarda e non posso certo attorcigliarmi continuamente cambiando le forme verbali. E chiedo scusa anche per eventuali imprecisioni sulle date: gran parte del materiale della WLAF è in uno scatolone sommerso da tanti altri in uno stanzone dell'azienda in cui ora lavoro, e non c'è stato verso di rintracciare nulla se non un paio di lettere, che allego. 

Le prime notizie di una ripresa delle discussioni per la nascita di una lega europea dipendente dalla NFL, dopo quel tentativo della metà degli anni Settanta, furono del 1989. All'epoca ero alle prime esperienze al Super Bowl ed ogni volta che si leggeva di una conferenza stampa con argomento Europa mi precipitavo, perchè sinceramente non desideravo altro che vedere che la NFL o comunque il football su scala organizzata si diffondesse dalle nostre parti. Se ben ricordo, erano già i tempi della parabola discendente del football italiano dopo l'esplosione degli anni Ottanta, delle complicazioni legislative, delle presidenze fatue, del moltiplicarsi degli organismi societari e dei contrasti, per cui non era poi così assurdo sperare nell'arrivo di un Cavaliere Bianco che restituisse la giusta proporzione ad un mondo che era certamente - seguivo la situazione del football a Bologna, con le sue diatribe e le sue delusioni, dopo gli anni della gloria - cresciuto al di là delle proprie forze. 
Ecco allora che sentir parlare di un arrivo della NFL in Europa era un segnale incoraggiante. Seguendo - pur con le difficoltà dei tempi - le fasi della crescita del progetto World League, sentii dire un giorno che si parlava realmente di un coinvolgimento dell'Italia, ed allora mi decisi a fare qualcosa, senza stare ad aspettare.
Fino a quel momento avevo esitato, quasi per soggezione nei confronti della NFL, ma tutto accadde quando venni a sapere che responsabile pubbliche relazioni della nuova lega era **** Rose: avevo avuto a che fare con lui nell'estate del 1988, quando ero ospite di coach Roger Harring alla University of Wisconsin-LaCrosse, nel periodo in cui i New Orleans Saints avevano svolto il loro training camp proprio a UW-L.  Avevo fatto una trasferta a Minneapolis con i Saints - come tutto il camp, anch'essa fu tra le esperienze più belle della mia vita - ma quando New Orleans andò a Tempe a giocare la seconda partita di preseason dovetti starmene a LaCrosse per motivi... economici. 
Contattai però l'addetto PR dei Cardinals, appunto Rose, perchè tramite i suoi colleghi dei Saints mi facesse recapitare lo yearbook e alcune fotografie dei Cardinals, e così finii nel suo indirizzario. Quando Rose passò alla WLAF (World League of American Football, come si chiamava) presi il coraggio a piene mani e lo contattai per lettera, chiedendo di essere coinvolto nel caso che la lega decidesse di mettere piede in Italia. Non ci speravo molto, ma almeno mi ero messo a posto la coscienza. 

Qualche mese dopo, invece, giugno 1989, mi arrivò una lettera firmata da Tex Schramm (!) - lettera standard, non personale, destinata a tutti quelli che avevano contattato la WLAF - nella quale si avvertiva che erano partite le operazioni della lega e che presto sarebbero stati delineati gli organici. In settembre un altra lettera, allegata al comunicato ufficiale che annunciava la nascita della WLAF e la data del primo campionato, il 1991. Seguirono mesi di nulla, anche se al Super Bowl del 1990 ebbi modo di incontrare di persona Rose ed ottenere la prima cartelletta con il logo - e infine nel maggio del 1990 - se ben ricordo - arrivò da Rose stesso una telefonata che avvisava dell'imminente viaggio in Europa di una delegazione della WLAF, che avrebbe fatto tappa anche a Milano. Mi fu chiesto se ero disponibile ad un incontro e si può immaginare quale sia stata la mia risposta. 
Il colloquio avvenne in un albergo nei pressi della Stazione Centrale, obiettivamente non ricordo quale. Non posso negare che stringere la mano a Schramm in persona fu emozionante, così come sentirlo parlare di football e di progetti della WLAF. Però ebbi la sensazione, dalle domande che facevano, che non avessero effettuato studi approfonditi sulla realtà della città alla quale progettavano di assegnare una squadra: menzionato lo stadio Meazza, mi dissero che si poteva pensare di giocarci nelle domeniche libere dal calcio, ma era ovvio che non sapevano della presenza di due squadre di Serie A, e che anche anticipando al sabato le eventuali partite di WLAF sarebbe stato per loro quasi impossibile ottenere il permesso di giocare 24 ore prima di Milan o Inter; anche sulla questione dei diritti televisivi e delle possibilità di trasmissione delle partite furono un po' ottimisti, perchè pensavano ad un canale generalista nazionale e non ci voleva molto a capire invece che nessuno dei canali RAI avrebbe mai anche solo considerato l'idea di trasmettere una diretta WLAF della squadra di Milano, ed anche le reti Mediaset (che all'epoca mi sembra avessero già abbandonato il Super Bowl, passato a Koper-Capodistria, o ricordo male?) non avrebbero dato molte speranze; divertente fu invece la domanda sul nome del personaggio televisivo più popolare in quel momento in Italia, e se ci fossero possibilità di farne un testimonial per la nuova lega, in grado di aprire molte porte: vergognandomi un po', dissi che il volto televisivo più noto era Pippo Baudo (sigh) ma che non mi sembrava esattamente la persona in grado di diventare l'uomo immagine del football USA; furono poi fatte altre ipotesi, tra cui lo stadio di Monza (il Brianteo) che all'epoca se non ricordo male era appena stato costruito ed avrebbe avuto una capienza più sensata rispetto al Meazza, ma ancora ci furono dubbi sul fatto di giocare eventualmente alla domenica, ovvero in diretta concorrenza con Milan o Inter almeno fino a giugno, o al sabato. 
Nessun dubbio, ovviamente, sul bacino di potenziali spettatori della zona di Milano, sulla dimensione internazionale della città, sulla facilità dei collegamenti aerei con le altre città europee individuate come sedi di squadre. Proposte alternative furono bocciate subito: Roma per assenza reale di interesse, Napoli per lo stesso motivo, Bologna per numeri ridotti. Insomma, rimasi un pochino deluso dalla scarsa profondità dello studio che il piccolo comitato della WLAF aveva compiuto sulle effettive opportunità sportive e promozionali milanesi e italiane. 
So che in quella giornata - o in altre, non è che mi sia messo alle loro calcagna per spiare ciò che facevano - la delegazione ebbe altri incontri, non escludo siano andati in Comune, a Mediaset o a colloquio con altri dirigenti sportivi o giornalisti, ma fu l'ultima volta che li vidi, e non mi meravigliò assolutamente, pochi mesi dopo, venire a sapere che l'Italia non era stata giudicata in possesso dei requisiti, anche se non è che Barcellona potesse a prima vista offrire molto più di Milano.
Magari Milano avrebbe fatto la fine delle franchigie WLAF (o nomi successivi, fino a NFL Europe), ma almeno per un po' ci saremmo divertiti, oh, se ci saremmo divertiti.

Roberto Gotta

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