NEW ORLEANS SAINTS
PRE-DRAFT REPORT

Il migliore atleta disponibile in uno dei ruoli in cui c'è bisogno di rinforzi. Questa, piuttosto banale ma realistica, è la posizione dei New Orleans Saints nel draft del prossimo 21 aprile. Come cambiano i tempi: ad appena due anni dal clamoroso draft 1999, nel quale l'allora coach Mike Ditka cedette tutte le posizioni di scelta per poter salire e prendere Ricky Williams, mossa coraggiosa e assieme disperata, i Saints hanno cambiato radicalmente atteggiamento, non hanno il fiatone ma possono permettersi di pazientare e ragionare, senza dover fare ricorso a manovre ad effetto.
È il risultato di dodici mesi frenetici e colmi di avvenimenti, ognuno dei quali, con un effetto tipo domino, ha provocato quello successivo, fino alla tesserina finale, la conquista del titolo della NFC West e la prima vittoria nei playoff nella storia della franchigia, 31-28 contro i St. Louis Rams lo scorso 30 dicembre. Il proprietario Tom Benson, dopo l'ennesima stagione deludente, il fallimento momentaneo dell'esperimento Williams e la piattezza delle scelte tattiche di Ditka («Il nostro attacco era così prevedibile e banale che mi sentivo male. Persino mia madre e mia sorella avrebbero potuto indovinare i nostri schemi» aveva commentato il wide receiver Keith Poole), aveva fatto piazza pulita, cacciando dalla scrivania anche il presidente e general manager Bill Kuharic, una sorta di istituzione per i Saints.

Gestendo la situazione con la decisione e l'aggressività di chi ha perso la pazienza, Benson aveva attirato come GM Randy Mueller, ex Seattle reso superfluo dall'arrivo di Mike Holmgren come allenatore e responsabile operativo, e insieme i due avevano scelto come head coach Jim Haslett, ex linebacker dalla grinta ebolliente passato da qualche anno ad una carriera tecnica. Haslett godeva di buona reputazione ed aveva conquistato il posto grazie anche ad un colloquio ritenuto fenomenale da Benson e Mueller, rapiti dalla determinazione e dai progetti del futuro coach. Convinto poi, non a torto, che l'organico avesse bisogno di grosse modifiche sia negli uomini sia nello spirito, Mueller aveva portato al training camp addirittura 46 nuovi giocatori, tra cui i soliti mestieranti in cerca di un posto ma anche alcuni free agent scelti, uno per uno, per migliorare drasticamente il livello di talento nel proprio ruolo. Jeff Blake da Cincinnati e Aaron Brooks (in uno scambio con Green Bay) come quarterback, Joe Horn da Kansas City e Jake Reed da Minnesota come wide receiver, Andrew Glover come tight end per l'attacco, ora ispirato alla West Coast Offense, nella sua versione amica del gioco di corsa che già viene impiegata a Tennessee e Denver, Norman Hand come defensive tackle, Charlie Clemons da St. Louis come linebacker, Steve Israel come cornerback per la difesa, che nella stagione precedente, stante anche lo scarsissimo aiuto dell'attacco, aveva rimediato pessime figure.

A dire il vero, il progetto Saints pareva destinato ad una brutta fine sin da agosto: tempo due partite di preseason, e Israel, Clemons, il free safety Rob Kelly ed il tight end titolare Cam Cleeland avevano già chiuso la stagione causa gravi infortuni, costringendo così subito Haslett e i nuovi offensive Mike McCarthy (ex quarterback coach a Green Bay) e defensive coordinator (Ron Zook) a qualche modifica, il cui effetto si era trascinato nelle prime settimane di regular season. New Orleans infatti era partita 1-3, con l'unica vittoria molto risicata (28-27) a San Diego, poi erano arrivate sei vittorie consecutive infine, da metà novembre in poi, un bilancio di 3-3 e poi i playoff, con la sofferta vittoria su St. Louis (alcuni tifosi ricordano ancora con tremore i minuti finali, con la rimonta dei Rams) e la netta sconfitta a Minneapolis nella semifinale di conference, 34-16. Nel mezzo, numeri a parte, tante storie da raccontare, il cui effetto si nota in questi giorni appunto nelle ultime annotazioni nella war room, la stanza delle decisioni in vista del draft, dove un grande pannello ospita, disposti per ruolo e in ordine decrescente a seconda del valore loro  attribuito, i nomi del possibili giocatori scelti.

Le storie sono quelle dei qb, dei ricevitori, di Williams, della linea di difesa, di Haslett, dei defensive backs. Williams, il 12 novembre all'Ericsson Stadium di Charlotte, si era rotto una caviglia proprio mentre, in una sweep a sinistra, guadagnava la sua yard stagionale numero 1000 (4 a portata): stagione praticamente terminata, ininfluenti le sei corse per 14 yards nella partita di playoff contro i Vikings. Blake, ovvio titolare dopo gli sforzi fatti per ottenerlo, stava trascinando i Saints nella striscia vincente di metà stagione (60.9% di completi) quando si è fratturato il piede destro in tre punti nella partita del 19 novembre contro Oakland, e sette giorni dopo è andato ko anche il cornerback destro Fred Weary, roba da smontare chiunque e soprattutto fornire alibi, parola che però ad Haslett non risulta. Brooks prese il posto di Blake, portando i Saints ad una grande vittoria a St. Louis nella sua prima partita da titolare, nella quale dimostrò una tale calma (sorrisi e scherzi alla telecamera nel tunnel d'ingresso del Trans World Dome) ed una tale sicurezza da lasciare interdetti, ad esempio schivando con nonchalance un eccellente blitz di un safety per poi lanciare perfettamente in corsa, oppure correndo con grande atletismo e fluidità uno dei tanti qb draw e qb keeper che dalle linee laterali gli hanno chiamato.
Caduto Williams, New Orleans se la cavò affidandosi al fullback rookie Terrelle Smith (poi regolarmente infortunato a metà dicembre, stagione chiusa), a Jerald Moore e a Terry Allen, per quel tanto che costringesse le difese a temere il gioco di corsa permettendo così a Brooks di trovare i suoi ricevitori, primo tra tutti lo spettacolare Horn: arrivato sulla scena del football professionistico per vie traverse, attraverso la CFL, dopo tre anni di seconda fascia a Kansas City aveva avuto 16.7 yards a ricezione nella stagione 1999, attraendo l'attenzione di Mueller che gli aveva affidato il compito, sconosciuto ai Saints, di minaccia lunga, di uomo che può allungare le difese. Horn ha chiuso la stagione di debutto a New Orleans con 94 ricezioni per 1340 yards e 8 touchdown, anche se nella gara di playoff contro i Rams si è pur'egli infortunato lasciando spazio ed onori a Willie Jackson.

E la difesa: da pessima ad ottima, nonostante le modifiche dovute agli infortuni. Aiutato dalla notevole presenza del free agent Norman "Heavy Lunch" Hand, l'altro tackle La'Roi Glover ha avuto la sua migliore stagione, con 17 sack che lo hanno portato alle spalle del solo Ray Lewis nelle votazioni per il difensore dell'anno: Hand, con la sua mole e la sua rapidità, ha costretto gli avversari in almeno 80% dei casi a raddoppiarlo, e di conseguenza Glover quasi sempre ha potuto sfidare un offensive lineman in uno contro uno, situazione nella quale la sua velocità negli spazi brevi, nonché la sua strepitosa forza fisica (di panca siamo sui 240 chili...) e l'equilibrio derivatogli dalla statura non eccelsa, gli hanno consentito di vincere molti duelli. Se si considera che l'end destro Joe Johnson ha ritrovato anch'egli il rendimento del passato e, all'end sinistro, il rookie Darren Howard si è prodotto in una grande stagione di debutto, si capisce perché la difesa abbia avuto una solidissima base di partenza, accresciuta dal valore dei linebacker Mike Fields (maestro nel weakside, velocissimo), Keith Mitchell (gioca anche i terzo down e lungo) e Darrin Smith.

Ecco perché ora Mueller e Haslett non fremono per cambiare posizione nel draft: ritengono che la squadra vada ora migliorata e ritoccata, ma non più stravolta come dodici mesi fa. L'arrivo di tanti free agent e il pagamento di premi cospicui a giocatori che avevano raggiunto traguardi di rendimento determinati dal contratto a dire il vero ha creato qualche difficoltà a livello di salary cap, costringendo a mosse dolorose ma ormai consuete, oggi: l'ottimo Fields, pur se nel momento migliore della propria carriera, è stato tagliato (è finito ai Rams, ottimo acquisto) perché non ha voluto accettare una riduzione di 2 milioni di dollari nel proprio contratto di sei anni e 26 milioni di dollari, e per creare ulteriore spazio nel tetto salariale sono stati tagliati anche Glover, Reed, il defensive tackle Mike Halapin e il kicker Doug Brien. Il mercato dei free agent, seguito ovviamente con minore furia rispetto allo scorso anno, ha portato una grande novità, il turbolento wide receiver dei Washington Redskins Albert Connell, talento vero che però lo scorso anno era scivolato a 39 ricezioni ed aveva pure vistosamente litigato con l'assistente Terry Robiskie a bordo campo, durante una partita. Connell ha firmato per 5 anni a 14 milioni di dollari, si è riguardato i filmati del 2000 ed ha ammesso di non avere reso al massimo, ma soprattutto ha già familiarizzato con Horn, cercando in tutte le maniere di far capire alla gente che tra i due non ci sarà rivalità ma aiuto reciproco, dal momento che, come ovvio, un raddoppio su uno dei due aprirà inevitabilmente spazio all'altro e nessuna fascia del campo sarà tranquilla. Firmato anche il free safety Jay Bellamy, New Orleans arriva dunque al draft con una serenità che non si vedeva da tempo: Mueller, che notoriamente non ha alcun timore ad effettuare scambi e mosse coraggiose nel giorno delle scelte, ritiene che servano altri giocatori veloci e ha un pallino (ma chi non l'ha?) per i giocatori d'impatto, i "playmakers" ovvero quelli che, in attacco e in difesa, effettuano le azioni decisive, che cambiano l'andamento di una partita.

Al momento, la priorità, se non cambiasse l'ordine di scelta (23, poi 53 e 115), è: wide receiver (uno giovane, da coltivare), cornerback (ok quelli che ci sono, c'è il promettente Michael Hawthorne, ma è andato via Alex Molden e Weary è convalescente), safety (anche qui, buona profondità ma serve carne fresca), tight end, running back, linebacker e solo molto in là il kicker, ruolo che Haslett, uno che ama giocarsi anche il quarto down invece di calciare, non ritiene cruciale. C'è anche caso che si scelga, molto in basso, un uomo di linea d'attacco da far crescere alle spalle dell'eccellente linea attuale, che così com'è può tenere botta ancora per molto tempo ed è certamente tra le migliori della NFL, nel centro Jerry Fontenot come nelle guardie Chris Naeole e Wally Williams e specialmente nei tackle William Roaf, monumentale a sinistra, e Kyle Turley, il "duro" del gruppo. Fa specie che si possa scegliere ancora un running back, ma c'è un motivo: Ricky Williams, nonostante il fisico eccezionalmente compatto, ha una già lunga serie di infortunie, ed oltretutto, irritando lo staff, non si è fatto vedere nelle prime settimane del programma volontario di preparazione atletica, unico assente tra i giocatori sotto contratto. C'è stato anche un velato contatto con i Texas Rangers per un ritorno (di non facile attuazione, dal punto di vista contrattuale, anche se l'accordo con i Saints non mette il vero sull'antica passione di Ricky)al baseball, e insomma l'impressione è che New Orleans, pur conoscendo le potenzialità da 1200-1300 yards annue di Williams, non lo ritenga una certezza, a parte le incomprensioni passate con Haslett e la curiosa dichiarazione di qualche tempo fa secondo la quale Benson (che vorrebbe un nuovo stadio) avrebbe fatto meglio a spostare la franchigia a San Antonio, nel Texas dal quale Ricky proviene. È questo il dubbio maggiore per lo staff, che per il resto ritiene invece, ovviamente, salutare il grande duello che si aprirà nel training camp tra Blake, tuttora al lavoro a ritmi ridotti nelle sessioni per qb organizzate da McCarthy, e Brooks, molto sicuro di sé, sufficientemente umile da non ritenersi favorito ma anche, nella maniera più amichevole possibile (se È possibile), deciso a «saltare alla gola di Blake» per strappargli il posto da titolare. Cosa pensi Haslett non si sa, anche se il coach avverte di non ritenere già fuori gioco in partenza il terzo Qb Jack Delhomme, ritenuto molto adatto alla West Coast offense, certo che Horn, salutando l'arrivo di Connell, si è lasciato andare ad una frase curiosa: «Un uomo solo non può vincere il Super Bowl, ma Albert Connell, Joe Horn ed Aaron Brooks e i Saints possono farlo». Chissà cosa avrà pensato Blake, di quel riferimento...

Roberto Gotta

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