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0-41 |
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Che dire dopo una gara così?
Si può cercare di spiegare in qualche modo che quella finita 41 a 0 era proprio una gara di playoffs, e che tutte e due le squadre, fino a ieri, erano "squadre vincenti"? No, deve esserci uno sbaglio... Una squadra non può qualificarsi ai playoffs, aver vinto più partite di quante ne ha perso, e poi, improvvisamente, cessare di esistere, disfacersi, sciogliersi come neve al sole. Anzi, non come neve al sole, perché nel gennaio di New York la neve non è che si sciolga proprio, anzi...
E perché, si potrebbe ribattere? Perché, non vorrete mica farci credere che l'altra squadra, quella che invece ha allegramente passeggiato sull'avversario, è quella stessa che si è qualificata ai playoffs solo grazie ai risultati degli avversari? La stessa squadra che fino a metà stagione era una zattera allo sbando, senza ne capo né coda e, soprattutto, senza nessuna speranza?
Pazza, pazza NFL di quest'anno. Si faccia avanti chi ha ancora voglia di cimentarsi nell'arte dei pronostici, che qui nessuno ci prova più. A Meadowlands è andata in scena una delle partite di playoffs più sbilanciate ed a senso unico di tutta la storia della NFL. Raramente si è avuta l'impressione che i Colts potessero combinare qualcosa, anzi non ci è voluto molto per capire che non sarebbero riusciti ad uscire vivi dal Giants Stadium. E chiunque avesse guardato i due quarterbacks avrebbe capito subito quale dei due era il campione, coccolato e riverito dai critici fino dai suoi primi passi nella lega, assiduo frequentatore del Pro Bowl, e quale dei due era l'altro, quello che è entrato in campo a metà stagione solo per il decadimento verticale delle prestazioni del vecchio titolare, dopo avergli retto la cartellina degli schemi per un paio di anni, perché giusto quello poteva fare. Insomma, quale dei due era Peyton Manning e quale Chad Pennington. Poi, probabilmente, qualcuno avrà spiegato all'osservatore distratto la realtà, che è questa: Peyton Manning, il campione, era la mozzarella in maglia bianca, quello che zampettava sul campo, quello cioè che ha chiuso con 14 passaggi completi su 31 tentativi, 137 yards e due intercetti; Chad Pennington, l'altro, era il quarterback in maglia verde, quello che giocava da dio, quello che ha chiuso completando 19 passaggi su 25 tentativi, 222 yards, nessun intercetto e 3 touchdowns.
È riduttivo spiegare la partita con le statistiche dei due quarterbacks, ma non esiste sezione in cui il dominio dei Jets non appaia tanto schiacciante quanto lo è anche il punteggio finale. Ad esempio, vogliamo parlare delle corse? Edgerrin James, il titolare dei Colts, ha corso 9 volte per 14 yards; Curtis Martin, il titolare dei Jets ha corso 15 volte per 67 yards. James Mungro, il backup dei Colts, ha corso 4 volte per 36 yards; Lamont Jordan, il backup dei Jets ha corso 20 volte per 102 yards, ed ha segnato 2 TD.
Guardiamo le statistiche di squadra? 26 primi down a 10, 396 yards di attacco totale a 176, 180 yards corse contro 52, 40 minuti di possesso contro 20. Un massacro. Totale, assoluto e, per certi versi inaspettato.
Se era chiaro che i Jets erano in palla, per come avevano battuto i Packers nell'ultima gara di regular season, non era forse così chiaro che i Colts non lo erano altrettanto. Se si guarda poi al talento a disposizione, poi, è difficile dare i Colts perdenti secchi. Ma come ben sanno alcune squadre che si stanno guardando i playoffs davanti alla TV, il talento non basta, ed i Jets ne sono la dimostrazione.
Questa è una squadra che sa giocare a football, e che non muore mai. I Jets hanno vinto la AFC East davanti a due squadre che di talento ne hanno più di loro, e lo hanno fatto nel modo che coach Herman Edwards, magnifico vincitore della "battaglia" col suo amico Tony Dungy, ha sintetizzato in sole 4 parole: "We play to win", "Noi giochiamo per vincere".
Raiders e Titans: chiunque di voi sarà il prossimo ad affrontare i Jets, si sappia regolare. |