Huddle Magazine
 

Prev. - 1 - 2 - 3 - 4 - 5 - 6 - 7 - 8 - 9 - 10 - 11 - 12 - 13 - 14 - 15 - 16 - 17 - WC - DIV - CHAM - XXXVII SB




IL COMMENTO
by Matteo Gandini

CHAMPIONSHIP GAMES

 

C'è voluto qualche mese per rendersene conto, ma ora quegli 8 milioni più 4 scelte del draft pagati dai Bucs per strappare ai Raiders Jon Gruden sembrano un'inezia, se si prendono in considerazione gli effetti della "cura Gruden". 
Per due volte consecutive Tampa Bay era stata eliminata dai playoffs dagli Eagles, e nelle ultime tre partite giocate contro Philadelphia Tampa non era mai entrata in end zone; tutto questo prima che l'arrivo di una delle menti offensive più brillanti dell'NFL cambiasse le sorti offensive della squadra, pur utilizzando praticamente gli stessi giocatori. Il risultato si è visto ieri, quando i Bucs hanno agguantato la qualificazione al primo Super Bowl della loro storia mettendo in mostra un attacco esplosivo che ha neutralizzato la difesa degli Eagles, famosa per la tendenza a mettere sotto pressione il QB avversario con numerosissimi blitz, utilizzando un gameplan vario e costruito appositamente per mettere a disagio il reparto guidato da Jim Johnson. Per raggiungere il suo scopo, Gruden ha utilizzato mezzi come l'attacco "no-huddle" (che non ha dato il tempo a Johnson di mettere in campo il personale adeguato ad ogni situazione), i lanci con corto "drop-back", in cui Brad Johnson si è liberato del pallone velocemente, anticipando la pressione portata dal fronte avversario, e il posizionamento interno, vicino alle linea, dei ricevitori, che ha impedito agli avversari di utilizzare in pieno le loro strategie.
Eppure, tutto era iniziato con la "doccia fredda" rappresentata dal TD di Duce Staley e con un paio di ottimi ritorni di Brian Mitchell, aiutato in entrambi i casi dalle "autostrade" aperte dai bloccatori. L'inerzia della partita ha però cambiato direzione nella fase finale del primo quarto, quando un bel punt di Jeff Feagles ha costretto i Bucs a partire dalle proprie 4 yards: Tampa ha messo in piedi un drive costruito sulle fondamenta di una serie di corse potenti centrali di Mike Alstott, e ha preso in mano la gara con la lunga ricezione di Joe Jurevicious, la cui partecipazione alla gara è stata in forse fino all'ultimo a causa dei problemi di salute del figlio neonato. Alstott è stato poi guidato in end zone da Warren Sapp, utilizzato nell'insolito ruolo di tight end, e da quel momento in poi la linea d'attacco dei Buccaneers ha preso il controllo della linea di scrimmage. 
Gli Eagles non sono riusciti a sfruttare il loro vantaggio nel gioco aereo, e l'abilità dei loro ricevitori opposta alla non solidissima secondaria di Tampa Bay, anche a causa di una prova decisamente sottotono di Donovan McNabb; Phila non è riuscita neanche ad esporre un'altra delle poche debolezze di Tampa, l'inabilità di fermare le corse interne, e Duce Staley è stato limitato a 58 yards.
Dall'altra parte, l'attacco di Tampa Bay ha continuato a sorprendere, e la difesa di Philadelphia, confusa, ha perso la sua aggressività. Con meno blitz da affrontare rispetto al previsto, la linea dei Buccaneers(ottimo soprattutto il centro Jeff Christy, capace di vincere la battaglia personale contro il tackle avversario Darwin Walker) ha dato spazio a Brad Johnson (nessun sack subito in giornata), e ha permesso a Gruden di chiamare ben 32 corse, che hanno sì guadagnato soltanto 49 yards in tutto, ma hanno dato alla gara il ritmo giusto per Tampa. 
Nel secondo tempo è salita alla ribalta la difesa dei Bucs, che ha rubato qualche pagina dal playbook avversario ed ha investito di blitz McNabb; la pressione ha causato il secondo fumble dell'ex QB di Syracuse, e la partita si è trasformata in quel combattimento difensivo che tutti si aspettavano. Dopo l'intervallo solo Tampa è riuscita ad andare sul tabellone, con 3 punti, e nel finale è stata la difesa dei Bucs a mettere la parola fine alla gara: grazie alla pressione portata da Tampa Bay per tutta la durata della partita, Johnson ha creduto al blitz fintato dalla safety Ronde Barber, che invece è indietreggiato all'ultimo momento ed ha intercettato il pallone, riportandolo fino all'end zone avversaria.
L'impressione è che Phila abbia un po' sottovalutato gli avversari, soprattutto dal punto di vista offensivo, e l'attacco dei Bucs ha risposto con una delle migliori prove degli ultimi anni; la confusione e in un certo senso la paura degli Eagles si è vista non soltanto nelle chiamate difensive, ma anche in quelle d'attacco. Un esempio è stato quando, in vantaggio 7-3 nel primo quarto e dopo un ottimo ritorno di Mitchell, coach Andy Reid ha chiamato due corse interne su situazioni di secondo e terzo e lungo. Non solo: dal playbook di Phila sono completamente mancati i giochi trucco, tipo end-around o reverse, che di solito sono parte integrante dell'attacco delle "aquile".
Ora per l'imponente difesa di Tampa (numero 1 nella lega in termini di yards concesse) l'obiettivo sarà fermare l'attacco di Oakland (numero 1 della lega per yards guadagnate). Ne vedremo delle belle.

Stavolta, il coraggio e la dedicazione di Steve McNair non sono bastati. Il QB dei Titans, che alla miriade di infortuni che lo hanno colpito quest'anno ha visto aggiungersi anche un problema al pollice, ha contribuito a 247 delle 312 yards guadagnate ieri da Tennessee contro Oakland, ma tutto ciò non è bastato. Troppo debole il "cast di supporto" del QB dei Titans, e troppo solido l'attacco dei Raiders, guidato da una linea d'attacco che, nel complesso, può essere a mio parere considerata il vero MVP della stagione.
Oakland ha dimostrato di aver imparato la lezione fin dall'inizio: dopo che la scorsa settimana i Raiders avevano tenuto i Jets in partita insistendo troppo con il gioco sul terreno, stavolta coach Bill Callahan ha aperto con un attacco no-huddle, e per tutta la gara, fino ai minuti finali, ha continuamente messo la palla in aria. In tutto Oakland ha corso solo 9 volte, se si escludono gli scramble di Gannon, e 6 delle 7 portate di Charlie Garner sono arrivate nel quarto periodo.
Come dicevamo, non sono bastati ai Titans il coraggio di McNair e la sua abilità di corridore, e non ha portato i frutti sperati il tentativo di Tennessee di approfittare delle condizioni non certo ottimali del cornerback Charles Woodson, che nonostante gli acciacchi fisici ha giocato una gara migliore del previsto. I Titans hanno giocato bene nel primo tempo, grazie soprattutto ad un'ottima prova delle linea d'attacco e alla rapidità della loro difesa, e hanno reagito bene alla partenza a razzo di Oakland. Tuttavia, l'inerzia della gara è passata definitivamente nelle mani dei Raiders in occasione dei due fumble di Robert Holcombe e John Simon, grazie ai quali la squadra allenata da Gruden ha messo a segno 10 punti nel giro di un minuto e 4 secondi, allo scadere del primo tempo. Fino a quel punto, i Titans avevano utilizzato uno schema offensivo variegato che aveva permesso al preciso e mobile McNair di rispondere colpo su colpo alle stoccate dei Raiders. Nel secondo tempo, però, le cose sono cambiate: Lincoln Kennedy, Barry Sims e il resto dell'ottima linea d'attacco di Oakland, che nel primo tempo aveva avuto difficoltà a contenere la pass rush dei Titans (anche grazie all'ottima prova della secondaria di Tennessee, capace di tenere a bada con efficacia il notevole reparto ricevitori di Oakland) ha ingranato quella marcia in più che ha avuto per tutta la stagione regolare, e cominciato a proteggere Gannon in maniera ottimale. Il coach dei Titans Jeff Fisher ha iniziato il secondo tempo cercando di rallentare il ritmo della gara e chiamando una serie di corse di Eddie George, ma l'errore che ha scavato la fossa di Tennessee è stato il punt bloccato a Craig Hentrich nei primi minuti della ripresa.
Una volta in svantaggio, i Titans hanno dimostrato di non aver abbastanza armi offensive per poter tentare la rimonta; Tennessee ha perso coraggio e il rendimento della squadra di Fisher è calato in tutti i settori del gioco. Dall'altra parte, ancora una volta Oakland ha fatto vedere di possedere in Jerry Porter un'arma offensiva validissima, capace di impensierire le difese troppo concentrate sui "mostri sacri" Jerry Rice e Tim Brown; inoltre, pur avendo una squadra composta per buona parte da giocatori oltre la trentina, i Raiders hanno per la seconda settimana consecutiva dominato il secondo tempo della partita (dopo il 20-0 rifilato nella ripresa ai Jets, hanno sfiancato Tennessee con un perentorio 17-7).
Così, nonostante le numerose penalità commesse, degne dei Raiders degli anni '90 (14 per 127 yards), Oakland si è qualificata per il Super Bowl per la prima volta dal 1980. Ad aspettare Rice e compagni a San Diego ci sarà una vecchia conoscenza, John Gruden, l'uomo che assunse Callahan e gli diede lavoro nel suo staff, con i Raiders. Sarà una sfida tra due coach che si conoscono meglio delle proprie tasche e, come già detto, una sfida tutta da gustare.