Huddle Magazine
 

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IL COMMENTO
by Matteo Gandini

WEEK 16

 

Lazzaro è vivo, ed attualmente risiede a New York. Date per spacciate alcune settimane fa, entrambe le squadre newyorchesi hanno infilato la quinta marcia nelle ultime partite, e con le due importantissime vittorie ottenute nel weekend si sono rimesse in corsa per i playoffs.
Caso numero 1: 8 settimane fa, subito dopo la sconfitta dei Giants contro gli Eagles, il coach Jim Fassell decise di prendere in mano direttamente le chiamate offensive, che fino ad allora erano effettuate dall’offensive coordinator Sean Payton. Da quel punto, la squadra newyorchese ha vinto 6 delle 8 gare giocate e, grazie anche ad una serie di gravi ed inaspettate sconfitte da parte dei Saints, ora ha la possibilità di controllare direttamente il proprio destino; in parole povere, ai Giants basta un successo sabato prossimo contro gli Eagles (non che sia una cosa facile) per assicurarsi un posto nella post-season, indipendentemente da quello che succederà nel resto della lega. Se lasciamo parlare i numeri, notiamo che i Giants sono passati dai 12,7 punti segnati a partita con Payton alla guida dell’attacco ai 27,6 segnati con Fassel al posto di comando; eppure, prima delle due convincenti vittorie contro Cowboys e Colts delle due ultime settimane, due pesanti sconfitte contro Texans e Titans avevano dato il via alle solite voci che davano per traballante la panchina di Fassel, come sempre accade nella città in cui la pressione della stampa è più forte che in qualsiasi altra parte del mondo. In termini più tecnici, Fassel ha “alleggerito” il playbook dei Giants, in particolare nelle ultime settimane, ed ha eliminato quei superflui movimenti pre-snap che avevano lo scopo di confondere le difese avversarie ma troppo spesso servivano soltanto a rallentare il ritmo dell’attacco; inoltre, il capo allenatore ha ridato maggior spazio al gioco sul terreno, riuscendo anche ad altalenare in modo efficace i due diversi stili dei RB Tiki Barber e Ron Dayne, e ha concesso al QB Kerry Collins la possibilità di cambiare più spesso il gioco sulla linea di scrimmage. Tutto ciò ha provocato un netto miglioramento nella prestazione dello stesso Collins che, protetto da un adeguato gioco sulle corse, sembra molto più a suo agio e libero di esprimere il suo valore, e ha permesso ai giocatori con più talento nell’attacco dei Giants (oltre a Barber, Amani Toomer e Jeremy Shockey) di avere più occasioni di mettere a segno big plays. Domenica, pochi si aspettavano che i newyorchesi riuscissero ad espugnare il difficile campo di Indianapolis, ma i Colts, indeboliti non poco dalle cattive condizioni fisiche di Edgerrin James, si sono trovati in grossa difficoltà contro la soffocante difesa dei Giants. Indy ha dimostrato ancora una volta che il rendimento del suo potente attacco aereo è strettamente legato a quello del suo gioco sulle corse; forse, contro i Giants coach Tony Dungy ha insistito un po’ troppo con un James visibilmente in difficoltà e meno esplosivo del solito, ma anche quando, soprattutto in situazioni di corto yardaggio, al posto dell’ex stella di Miami è entrato in campo il giovane James Mungro, il reparto difensivo dei newyorchesi non si è piegato, e i Colts hanno segnato solo 6 punti prima di una violenta quanto inutile esplosione offensiva nel quarto periodo.
Cas numero 2: i Jets. Bè…sono in una situazione un po’ più difficile rispetto ai cugini. Per vincere la AFC East, devono sconfiggere i Packers e sperare che la squadra che hanno appena battuto, i Patriots, faccia loro un favore superando i Dolphins. Il momento cruciale nella stagione dei Jets è stato quando, con la squadra sconfitta in 3 delle prime 4 gare della stagione, coach Herman Edwards ha inserito il giovane QB Chad Pennington, al secondo anno nella lega, al posto del veterano Vinny Testaverde. Pennington in poche settimane è diventato uno dei QB più precisi della lega, e si è fatto notare tanto per il suo braccio (non tra i più potenti della NFL, ma dotato di ottimo tocco) quanto per la sua testa, e per l’abilità ci controllare la partita con la malizia di un veterano. Il giovane QB dei Jets, il cui “rating” è il più elevato della lega, ha mostrato tutte le sue abilità nel Sunday Night vinto domenica da New York contro i Patriots, quando ha completato i primi 11 passaggi tentati e ha chiuso con 285 yards e 3 TD; ad aiutare la sua crescita esponenziale nelle ultime gare è stato senz’altro l’emergere di Laveranues Coles, che ha rimpiazzato Wayne Chrebet come bersaglio numero 1, dando all’attacco un pizzico in più di esplosività. E pensate che dopo la sconfitta contro Cleveland dello scorso 27 ottobre coach Edwards si era scagliato contro alcuni giornalisti che avevano ipotizzato, nel corso di una conferenza stampa, che la squadra stesse mollando la presa…
Tornando per un attimo ai Giants, come abbiamo già menzionato, un grosso aiuto ai newyorchesi lo stanno dando i Saints, che fino a poche settimane fa sembravano sicuri di partecipare alla post-season. Più che chiedersi come abbia fatto New Orleans a perdere contro i Vikings e i Bengals nelle ultime due settimane, bisognerebbe chiedersi come può una squadra che ha concesso almeno 20 punti in ogni partita quest’anno (si tratta, appunto, dei Saints) essere ancora in corsa per la post-season. Nella “Big Easy” tutti continuano a dire che il QB Aaron Brooks si è ripreso dai problemi fisici che lo avevano condizionato nelle scorse settimane, eppure sembra che i guai al braccio diano ancora parecchio fastidio al QB di New Orleans, i cui palloni sembrano molto meno precisi e potenti.
I Raiders sono usciti vincitori dall’ennesima sfida cruciale contro i rivali di sempre, i Broncos, e hanno conquistato la division più difficile della lega, la AFC West, lasciando Denver ad un passo dall’eliminazione. Nella “Mile High City” si diceva che la partita di domenica sarebbe stato, in positivo o in negativo, un punto di svolta nella carriera del QB Brian Griese, designato come erede naturale di John Elway dopo il ritiro di quest’ultimo e per questo premiato dalla squadra con un contrattone dopo la sua buona stagione 2000. Puntualmente, Griese ha fallito l’ennesima occasione di dimostrare di essere il QB del futuro per Denver e soltanto quando un blitz dell’ex Bronco Bill Romanowski l’ha messo KO i Broncos hanno riaperto la partita, riavvicinandosi con un paio di mete dopo l’ingresso in campo della riserva Steve Beurlein, i cui lanci sono sembrati molto più efficaci di quelli del titolare. Dopo essere passata in vantaggio 21-0 grazie soprattutto ai lanci di Rich Gannon, Oakland ha però ripreso definitivamente in mano il controllo della gara con un drive in cui la palla è sempre rimasta sul terreno, nelle mani sicure di Charlie Garner e Tyrone Wheatley; si è trattato di una serie di giocate che ha spezzato le reni a Denver, e da lì in poi la squadra allenata da Mike Shanahan non si è più ripresa.
Dopo la vittoria a sorpresa della scorsa stagione degli Steelers sul campo dei Buccaneers, e le parole di fuoco della vigilia tra la “linguaccia” Lee Flowers e il non meno loquace Warren Sapp, c’era grande attesa per il Monday Night tra Pittsburgh e Tampa Bay. Più o meno tutti si aspettavano che gli Steelers sfruttassero una delle poche debolezze della rapidissima difesa dei Bucs correndo nel cuore della linea di Tampa, e invece l’offensive coordinator di Pittsburgh Mike Mularkey ha aperto la gara con la massima aggressività, cercando di isolare fin dal primo drive il miglior cornerback dei Bucs (Ronde Barber) contro il ricevitore numero uno degli Steelers (Plaxico Burress). Il risultato è stato che sono bastati tre big plays, nei primi 3 minuti della partita, per portare in vantaggio Pittsburgh, e un intercetto riportato in end zone da Chad Scott nel drive successivo ha reso impossibile la rimonta per Tampa Bay, soprattutto perché alla guida dei Bucs non c’era Brad Johnson ma il giovane Shaun King, un QB molto meno adatto a praticare la “West Coast Offense” impiegata da coach Jon Gruden. Le cose non sono migliorate più di tanto quando al posto di King Gruden ha inserito Rob Johnson, e Tampa Bay ha rimediato una sconfitta che potrebbe risultare, a conti fatti, particolarmente pesante: se vogliono sperare di arrivare lontano nei playoffs, i Buccaneers devono cercare in tutti i modi di avere il vantaggio del campo di casa, e lo stop subito contro gli Steelers potrebbe impedire a Tampa di giocare nel caldo della Florida già dal secondo turno della post-season. E’ vero, da una parte, che lo stile di gioco praticato dai Bucs (passaggi brevi, qualche corsa e solida difesa) teoricamente non ha bisogno di temperature tropicali per essere realizzato, ma storicamente la squadra di Gruden non ha mai vinto una partita importante quando la colonnina di mercurio è rimasta vicina allo zero. In particolare, il campo degli Eagles ha visto chiudersi le ultime due stagioni di Tampa e, se Philadelphia e Green Bay vinceranno nel weekend contro le due newyorchesi la strada verso San Diego, per Sapp e compagni, dovrà passare per forza attraverso la Pennsylvania o il Wisconsin.