Lazzaro è vivo, ed
attualmente risiede a New York. Date per spacciate alcune settimane fa,
entrambe le squadre newyorchesi hanno infilato la quinta marcia nelle
ultime partite, e con le due importantissime vittorie ottenute nel weekend
si sono rimesse in corsa per i playoffs.
Caso numero 1: 8 settimane fa, subito dopo la sconfitta dei Giants contro
gli Eagles, il coach Jim Fassell decise di prendere in mano direttamente
le chiamate offensive, che fino ad allora erano effettuate
dall’offensive coordinator Sean Payton. Da quel punto, la squadra
newyorchese ha vinto 6 delle 8 gare giocate e, grazie anche ad una serie
di gravi ed inaspettate sconfitte da parte dei Saints, ora ha la
possibilità di controllare direttamente il proprio destino; in parole
povere, ai Giants basta un successo sabato prossimo contro gli Eagles (non
che sia una cosa facile) per assicurarsi un posto nella post-season,
indipendentemente da quello che succederà nel resto della lega. Se
lasciamo parlare i numeri, notiamo che i Giants sono passati dai 12,7
punti segnati a partita con Payton alla guida dell’attacco ai 27,6
segnati con Fassel al posto di comando; eppure, prima delle due
convincenti vittorie contro Cowboys e Colts delle due ultime settimane,
due pesanti sconfitte contro Texans e Titans avevano dato il via alle
solite voci che davano per traballante la panchina di Fassel, come sempre
accade nella città in cui la pressione della stampa è più forte che in
qualsiasi altra parte del mondo. In termini più tecnici, Fassel ha
“alleggerito” il playbook dei Giants, in particolare nelle ultime
settimane, ed ha eliminato quei superflui movimenti pre-snap che avevano
lo scopo di confondere le difese avversarie ma troppo spesso servivano
soltanto a rallentare il ritmo dell’attacco; inoltre, il capo allenatore
ha ridato maggior spazio al gioco sul terreno, riuscendo anche ad
altalenare in modo efficace i due diversi stili dei RB Tiki Barber e Ron
Dayne, e ha concesso al QB Kerry Collins la possibilità di cambiare più
spesso il gioco sulla linea di scrimmage. Tutto ciò ha provocato un netto
miglioramento nella prestazione dello stesso Collins che, protetto da un
adeguato gioco sulle corse, sembra molto più a suo agio e libero di
esprimere il suo valore, e ha permesso ai giocatori con più talento
nell’attacco dei Giants (oltre a Barber, Amani Toomer e Jeremy Shockey)
di avere più occasioni di mettere a segno big plays. Domenica, pochi si
aspettavano che i newyorchesi riuscissero ad espugnare il difficile campo
di Indianapolis, ma i Colts, indeboliti non poco dalle cattive condizioni
fisiche di Edgerrin James, si sono trovati in grossa difficoltà contro la
soffocante difesa dei Giants. Indy ha dimostrato ancora una volta che il
rendimento del suo potente attacco aereo è strettamente legato a quello
del suo gioco sulle corse; forse, contro i Giants coach Tony Dungy ha
insistito un po’ troppo con un James visibilmente in difficoltà e meno
esplosivo del solito, ma anche quando, soprattutto in situazioni di corto
yardaggio, al posto dell’ex stella di Miami è entrato in campo il
giovane James Mungro, il reparto difensivo dei newyorchesi non si è
piegato, e i Colts hanno segnato solo 6 punti prima di una violenta quanto
inutile esplosione offensiva nel quarto periodo.
Cas numero 2: i Jets. Bè…sono in una situazione un po’ più difficile rispetto ai
cugini. Per vincere la AFC East, devono sconfiggere i Packers e sperare
che la squadra che hanno appena battuto, i Patriots, faccia loro un favore
superando i Dolphins. Il momento cruciale nella stagione dei Jets è stato
quando, con la squadra sconfitta in 3 delle prime 4 gare della stagione,
coach Herman Edwards ha inserito il giovane QB Chad Pennington, al secondo
anno nella lega, al posto del veterano Vinny Testaverde. Pennington in
poche settimane è diventato uno dei QB più precisi della lega, e si è
fatto notare tanto per il suo braccio (non tra i più potenti della NFL,
ma dotato di ottimo tocco) quanto per la sua testa, e per l’abilità ci
controllare la partita con la malizia di un veterano. Il giovane QB dei
Jets, il cui “rating” è il più elevato della lega, ha mostrato tutte
le sue abilità nel Sunday Night vinto domenica da New York contro i
Patriots, quando ha completato i primi 11 passaggi tentati e ha chiuso con
285 yards e 3 TD; ad aiutare la sua crescita esponenziale nelle ultime
gare è stato senz’altro l’emergere di Laveranues Coles, che ha
rimpiazzato Wayne Chrebet come bersaglio numero 1, dando all’attacco un
pizzico in più di esplosività. E pensate che dopo la sconfitta contro
Cleveland dello scorso 27 ottobre coach Edwards si era scagliato contro
alcuni giornalisti che avevano ipotizzato, nel corso di una conferenza
stampa, che la squadra stesse mollando la presa…
Tornando per un attimo ai Giants, come abbiamo già menzionato, un grosso
aiuto ai newyorchesi lo stanno dando i Saints, che fino a poche settimane
fa sembravano sicuri di partecipare alla post-season. Più che chiedersi
come abbia fatto New Orleans a perdere contro i Vikings e i Bengals nelle
ultime due settimane, bisognerebbe chiedersi come può una squadra che ha
concesso almeno 20 punti in ogni partita quest’anno (si tratta, appunto,
dei Saints) essere ancora in corsa per la post-season. Nella “Big
Easy” tutti continuano a dire che il QB Aaron Brooks si è ripreso dai
problemi fisici che lo avevano condizionato nelle scorse settimane, eppure
sembra che i guai al braccio diano ancora parecchio fastidio al QB di New
Orleans, i cui palloni sembrano molto meno precisi e potenti.
I Raiders sono usciti vincitori dall’ennesima sfida cruciale contro i
rivali di sempre, i Broncos, e hanno conquistato la division più
difficile della lega, la AFC West, lasciando Denver ad un passo
dall’eliminazione. Nella “Mile High City” si diceva che la partita
di domenica sarebbe stato, in positivo o in negativo, un punto di svolta
nella carriera del QB Brian Griese, designato come erede naturale di John
Elway dopo il ritiro di quest’ultimo e per questo premiato dalla squadra
con un contrattone dopo la sua buona stagione 2000. Puntualmente, Griese
ha fallito l’ennesima occasione di dimostrare di essere il QB del futuro
per Denver e soltanto quando un blitz dell’ex Bronco Bill Romanowski
l’ha messo KO i Broncos hanno riaperto la partita, riavvicinandosi con
un paio di mete dopo l’ingresso in campo della riserva Steve Beurlein, i
cui lanci sono sembrati molto più efficaci di quelli del titolare. Dopo
essere passata in vantaggio 21-0 grazie soprattutto ai lanci di Rich
Gannon, Oakland ha però ripreso definitivamente in mano il controllo
della gara con un drive in cui la palla è sempre rimasta sul terreno,
nelle mani sicure di Charlie Garner e Tyrone Wheatley; si è trattato di
una serie di giocate che ha spezzato le reni a Denver, e da lì in poi la
squadra allenata da Mike Shanahan non si è più ripresa.
Dopo la vittoria a sorpresa della scorsa stagione degli Steelers sul campo
dei Buccaneers, e le parole di fuoco della vigilia tra la “linguaccia”
Lee Flowers e il non meno loquace Warren Sapp, c’era grande attesa per
il Monday Night tra Pittsburgh e Tampa Bay. Più o meno tutti si
aspettavano che gli Steelers sfruttassero una delle poche debolezze della
rapidissima difesa dei Bucs correndo nel cuore della linea di Tampa, e
invece l’offensive coordinator di Pittsburgh Mike Mularkey ha aperto la
gara con la massima aggressività, cercando di isolare fin dal primo drive
il miglior cornerback dei Bucs (Ronde Barber) contro il ricevitore numero
uno degli Steelers (Plaxico Burress). Il risultato è stato che sono
bastati tre big plays, nei primi 3 minuti della partita, per portare in
vantaggio Pittsburgh, e un intercetto riportato in end zone da Chad Scott
nel drive successivo ha reso impossibile la rimonta per Tampa Bay,
soprattutto perché alla guida dei Bucs non c’era Brad Johnson ma il
giovane Shaun King, un QB molto meno adatto a praticare la “West Coast
Offense” impiegata da coach Jon Gruden. Le cose non sono migliorate più
di tanto quando al posto di King Gruden ha inserito Rob Johnson, e Tampa
Bay ha rimediato una sconfitta che potrebbe risultare, a conti fatti,
particolarmente pesante: se vogliono sperare di arrivare lontano nei
playoffs, i Buccaneers devono cercare in tutti i modi di avere il
vantaggio del campo di casa, e lo stop subito contro gli Steelers potrebbe
impedire a Tampa di giocare nel caldo della Florida già dal secondo turno
della post-season. E’ vero, da una parte, che lo stile di gioco
praticato dai Bucs (passaggi brevi, qualche corsa e solida difesa)
teoricamente non ha bisogno di temperature tropicali per essere
realizzato, ma storicamente la squadra di Gruden non ha mai vinto una
partita importante quando la colonnina di mercurio è rimasta vicina allo
zero. In particolare, il campo degli Eagles ha visto chiudersi le ultime
due stagioni di Tampa e, se Philadelphia e Green Bay vinceranno nel
weekend contro le due newyorchesi la strada verso San Diego, per Sapp e
compagni, dovrà passare per forza attraverso la Pennsylvania o il
Wisconsin.
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