Intervista con Mike Jones
(LB, Raiders - Rams - Steelers)
di Massimo Foglio
Ci sono episodi che fissano nell'immaginario
collettivo dei momenti importanti della vita, della storia o dello sport.
Tutti associano Dwight Clark a "The Catch", John Elway a "The drive",
Franco Harris a "The immaculate reception", Joe Namath a "The
guarantee". Momenti storici, indimenticabili, della storia del football. Il 30
Gennaio 2000, un altro momento storico é stato associato al nome di un giocatore: il
placcaggio ad una yard dalla end zone che ha consentito ai Rams di vincere il Superbowl
XXXIV verrà ricordato come "The tackle", ed il suo autore, il linebacker Mike
Jones verrà sempre associato ad esso.
Poco più di un anno dopo, Mike Jones non è più un eroe, ma il principale responsabile
(secondo il management dei Rams) della disastrosa stagione della difesa degli Arieti, dai
più indicato come il principale motivo della mancata riconferma di St.Louis ai vertici
della NFL, e per questo é stato scaricato e tagliato senza pensarci su due volte.
Fortunatamente per lui i Pittsburgh Steelers hanno pensato bene che forse ha ancora
qualcosa da dare all'NFL, e che la scorsa stagione è stata solo un'eccezione, quindi lo
hanno messo sotto contratto per tre anni.
Grazie a Bill Kunert, infaticabile presidente dei Rampagers (la più attiva comunità di tifosi Rams on-line) e membro
del board della "Michael Jones Foundation" (http://www.mjfinc.org - la fondazione presieduta da Mike Jones che si
occupa di raccogliere fondi per iniziative in favore dei ragazzi sfortunati), siamo
riusciti ad avere Mike Jones a disposizione per un paio di sere ed a chattare con lui su
diversi argomenti.
Ne è uscita una conversazione assolutamente interessante e gradevole, di cui riportiamo i
passi più significativi e salienti.
1 - Cominciamo dalla fine: l'anno scorso sei stato l'eroe del Superbowl con "the tackle", il placcaggio di Dyson che ha fermato i Titans ad una yard dal TD, ed ora non sei più un Rams. Il management di St.Louis ha deciso di non rinnovarti il contratto: ti senti in qualche modo tradito dai Rams?
Non ho approvato la loro decisione di non
provare a rifirmarmi. Penso di essere stato un giocatore solido per i Rams, ogni anno sono
sempre migliorato. Quest'anno non ho giocato bene come i due precedenti. Credo di aver
giocato a livello di Pro Bowl nel 1998 e 1999. Quando i Rams mi misero sotto contratto nel
1997, mi acquisirono per portare in squadra e creare un'attitudine di grinta e duro
lavoro, ed io lo feci. Credo di aver portato dei valori ai Rams come leader dentro e fuori
del campo. Credo di essere stato importante come esempio per lo sviluppo di un buon numero
di giovani giocatori.
Non sono deluso perché i Rams non mi hanno rifirmato, sono arrabbiato. Allo stesso tempo
però guardo a tutte le cose che ho conquistato e raggiunto dentro e fuori dal campo e
sono veramente orgoglioso del mio periodo con i Rams. Per tre anni su quattro sono stato
insignito del "Carl Ekern Spirit of the game Award", sono stato il capitano
della squadra che ha vinto il Superbowl, sono stato nominato "St. Louisan of the
Year" e uomo dell'anno per i St. Louis Rams per il lavoro fatto con la Michael Jones
Foundation.
2 - Cos'é successo alla difesa dei Rams nel 2000? Perché, secondo te, una delle migliori difese della lega é caduta agli ultimi posti delle classifiche senza una ragione apparente?
Credo sinceramente che quest'ultima stagione sia stata
anormale, piuttosto che normale. Non ci riuscivano schemi ed azioni che nel 1999 invece
riuscivano. D'Marco Farr non era al 100% fisicamente, e giocava praticamente su una gamba
sola, abbiamo avuto problemi di contratto con un paio di giocatori, abbiamo mancato una
marea di placcaggi. É stata un'annata diametralmente opposta rispetto alla precedente.
Tutto funzionava perfettamente ed andava per il verso giusto quando abbiamo vinto il
Superbowl. La palla rimbalzava sempre a favore nostro. Ti faccio un esempio di come sia
stato differente un anno da un altro. Nel 1999 ho segnato 3 touchdowns. Durante il mio
primo touchdown dell'anno, strippai la palla a Wesley Walls (TE dei Carolina Panthers) e
la palla rimbalzò a terra. Io ero ad 1-2 yards dalla sideline e non solo la palla non
rimbalzò fuori dal campo, ma rimbalzò esattamente tra le mie mani. Una bella azione si
trasformò in un'azione stupenda.
Quest'anno London Fletcher colpisce Tiki Barber e la palla gli schizza via dalle mani. Io
stavo inseguendo Tiki e vedo la palla sfuggirgli dalle mani. Sto correndo verso la palla e
non c'é nessuno attorno a me, la palla ha un rimbalzo strano e Tiki ricopre il suo
fumble.
Non abbiamo giocato bene, non abbiamo sfruttato le situazioni favorevoli che abbiamo
creato come invece successe nel 1999.
3 - Quali sono i tuoi programmi immediati e futuri dopo la firma per tre anni per gli Steelers?
I miei programmi sono di giocare ancora 2-3 anni. Sono stato abbastanza fortunato da poter sempre onorare tutti gli anni dei miei contratti, quindi il mio obiettivo é di onorare anche questo. Una volta finita la carriera, mi dedicherò immediatamente e totalmente alla Michael Jones Foundation ed alla Senoj, una compagnia di sviluppo che ho creato nel 2000.
4 - Nel tuo libro "Making the play" parli di Al Davis e Dick Vermeil come delle due persone più importanti per la tua carriera nel football. Cos'hanno in comune due persone apparentemente tanto diverse?.
Guardando Dick Vermeil ed Al Davis e fermandosi alla loro
apparenza esteriore, sembrerebbero essere due persone diametralmente opposte, ma entrambi
hanno molti punti in comune:
1. Entrambi sono estremamente leali.
2. Entrambi faranno sempre qualunque cosa a modo loro, senza compromessi.
3. Entrambi credono nella pazienza con i giovani giocatori, più pazienza di quella che
molti coaches possono tollerare.
4. Una volta che hai giocato per loro, sei SEMPRE UN LORO GIOCATORE. Il motto dei Raiders
é "once a raider always a raider", e con Vermeil, "once a vermeil guy,
always a vermeil guy".
Un paio di aneddoti al riguardo. Il primo su Al Davis. Nel mio primo e nel mio quarto anno
con i Raiders, giocammo delle partite di preseason a Barcellona ed in Giappone. Al Davis
contattò quanti più suoi ex giocatori riuscì e li invitò ad unirsi al nostro viaggio.
Gli fornì un posto sull'aereo, una stanza d'albergo ed addirittura dei soldi per le
piccole spese e lo shopping. Fu tutto pagato da Al, che ripeteva sempre "Those are my
guys", questi sono i miei ragazzi.
Vermeil invece, invitò a sue spese un sacco di suoi ex giocatori perché parlassero alla
squadra e ci spiegassero cosa voleva dire essere un giocatore professionista.
In definitiva, una volta che hai giocato per uno di loro due, ti senti come se facessi
parte di un gruppo speciale, un'elite. Ad esempio, quando tutti questi ex giocatori degli
Eagles e di UCLA che Vermeil aveva allenato parlavano con noi, ci chiedevamo sempre
perché parlassero di lui con tanta passione. Una volta che giochi per Vermeil, egli
cresce dentro di te, e prima che te ne possa rendere conto diventi esattamente come i suoi
ex giocatori.
Per quanto riguarda Al, l'atmosfera speciale e mistica che si respirava ai Raiders era una
sua creazione, egli esemplificava quest'atmosfera, egli era questa atmosfera, e la
trasmetteva a giocatori e coaches.
5 - Mi riesce difficile associarti all'immagine di "Bad Boy", lo stereotipo del giocatore dei Raiders. Come sono stati i tuoi anni con loro?
É curioso che tu abbia menzionato la fama di
"Bad Boys" dei Raiders. Nei miei primi tre anni con i Rams, fui coinvolto in un
paio di "discussioni animate" (se capisci cosa intendo...) con qualche giocatore
avversario (o con miei compagni di squadra durante il training camp), e Lorenzo Styles
cominciò a chiamarmi "Raider" Jones. Pensavo, ed ancora penso, che il football
sia un gioco la cui aggressività causa talvolta delle frizioni, e queste frizioni nel
football si trasformano spesso in una lite. Non mi piacciono le liti, né le condivido, ma
é tutto parte dell'essere aggressivi e grintosi. A volte questa aggressività può essere
controproducente. Con i Raiders, chiunque nella lega ci considerava i Bad Boys. Le squadre
non lo ammettono apertamente, ma se vai in qualsiasi squadra, la settimana in cui
affrontano i Raiders viene chiamata "Raiders week". Nessun altro é temuto e
rispettato tanto.
Essere duri tuttavia non significa essere cattivi, quanto piuttosto essere ribelli. Un
ribelle é qualcuno che non si conforma agli altri, e ciò é decisamente vero con i
Raiders. Ad esempio molte squadre indossano vestiti eleganti e cravatte sull'aereo mentre
vanno in trasferta. Noi invece potevamo indossare qualunque cosa fosse di nostro confort e
gradimento a patto che non fossero tute e scarpe a ginnastica. Lo stesso é accaduto con i
Rams negli scorsi due anni. Nessuno pensava che avremmo avuto una stagione vincente, e men
che meno che avremmo vinto il Superbowl. Non ci siamo conformati al pensiero generale
dell'intera lega.
6 - Nel tuo libro si parla anche di spiacevoli episodi quando sei tornato a Kansas City, tua città natale, con la maglia dei Raiders, storici rivali dei Chiefs.
Più che a me gli episodi sono successi ai miei familiari, ma credo che ci sia un piccolo equivoco. I tifosi dei Chiefs sono estremamente leali, che tu provenga da Kansas City o meno. La mia famiglia (genitori, fratelli, sorelle, zii, zie, ecc.) é composta da un gran numero di persone e sono tutti fans sfegatati di Michael Jones, e solitamente tutti vestono la maglia #52 con i colori dei Rams o dei Raiders (ed ora degli Steelers). C'é stato qualche scambio di parole tra i miei familiari ed i fans dei Chiefs, ma non é mai successo nulla di serio.
7 - Al college eri un RB, quindi hai giocato sia in attacco che in difesa ad alti livelli. Che differenza c'é tra attacco e difesa? Quali le difficoltà?
Al college ho giocato solo in attacco; sono stato
un runningback per tutti e quattro gli anni. Qualcuno nell'ufficio stampa dei Raiders ha
scritto che ho giocato anche un po' in difesa al college, e da allora viene sempre
riportato nei miei profili biografici, ma per essere precisi non ho mai giocato in difesa
al college. In High School ho giocato anche in difesa, ma non al college.
La differenza tra attacco e difesa é che in attacco sei più paziente, mentre in difesa
sei più aggressivo. La difesa si basa sull'intervento e sulla reazione. L'attacco é
molto più basato sulla lettura e sull'aggiustamento. Le maggiori difficoltà nel giocare
in difesa stanno nel fare continui aggiustamenti sul momento. Ad esempio possiamo
schierarci in copertura e l'attacco si presenta con una certa formazione che poi cambia, e
poi ancora manda un uomo in motion. Come difensore magari ti trovi ad aver dovuto cambiare
copertura tre volte e devi sempre sapere esattamente quello che devi fare in ognuna delle
tre situazioni. Se così non é, l'avversario potrebbe segnare un facile touchdown perché
un difensore si trova fuori posizione.
Ciò che mi piace di più del giocare in difesa é l'aggressività. Come giocatore di high
school e soprattutto come giocatore di college, avevo la mentalità del difensore. Come
runningback e come gruppo di runningback ci sentivamo i ragazzi più duri e grintosi della
squadra. É buffo pensarci ora, quando facevamo i drills come il pass blocking uno contro
uno, a volte gli animi si scaldavano e scoppiava una lite, e tutti i runningbacks erano
sempre nel bel mezzo, sempre coinvolti. Ci davamo sempre manforte l'uno con l'altro.
Probabilmente é proprio questo il motivo per cui nessuno di noi é diventato un
runningback nei pro, perché noi cercavamo sempre il contatto anziché cercare di
evitarlo. Ma allo stesso tempo questa é la ragione per cui ancora oggi siamo rimasti
grandissimi amici. Il nostro runningback coach Mike Ward, i 3 seniors (Jim Collins, Sean
Moore ed io) ed i giovani, siamo ancora molto legati tra di noi.
8 - Che importanza ha avuto la stagione nella NFL Europe che hai giocato a Sacramento nel migliorare le tue qualità di giocatore?
Io ripeto sempre che la cosa più importante nella mia
carriera é stata giocare nella World League. La ragione é che ho avuto l'opportunità di
giocare linebacker con un coach che sapeva esattamente cosa necessitava per diventare un
linebacker nella NFL, ma sapeva anche come spingere un giocatore fino ai suoi limiti
estremi e poi mollare. Questo coach é Jim Haslett, l'attuale head coach dei New Orleans
Saints. Jim era il mio linebacker coach con i Sacramento Surge. Jim aveva giocato nove
anni nella NFL con i Bills ed i Jets. Quando Al Davis mi chiese di andare nella World
League non ne avevo nessuna voglia... Avevo giocato tutte e sedici le partite di regular
season più una di playoff con i Raiders, oltre a 5 partite di preseason, e ciò
significava ben 22 partite al mio primo anno NFL. Al college, se sei una buona squadra
giochi al massimo 13 partite (noi non lo eravamo, quindi giocavamo solo 11 partite...),
per cui avevo già raddoppiato il numero di partite giocate in una stagione.. Ora i
Raiders mi volevano mandare nella World League, e ciò significava che solo sei settimane
dopo la fine della stagione dovevo fare un altro training camp. Quando arrivai in squadra
giocavo outside linebacker, ma Jim ed Al pensavano che avrei dovuto passare interno per
abituarmi maggiormente al giocare contro le corse. Fu una vera benedizione. Giocavo tra
altri due giocatori molto veloci (in effetti avevamo il pacchetto di LB più veloce di
tutta la World League), e tutti e tre non avevamo mai giocato LB prima di entrare tra i
professionisti. Gli altri due ragazzi, Cory Freeman e Basil Proctor, erano DBs al College,
così Jim Haslett dovette insegnare a tutti e tre cosa voleva dire giocare Linebacker.
Potei così giocare il mio primo world championship e vincerlo (ora sono 2-0 nei world
championships...). Giocai ogni down, ogni giorno. L'unico problema fu che mi infortunai al
ginocchio e stetti fuori per quattro settimane, ma anche quello fu positivo, perché
eravamo in una trasferta della durata di 18 giorni, e mi fu così possibile fare
riabilitazione e fare il turista con la mia fidanzata (ora mia moglie) tra Atlanta, Londra
e Montreal.
Non ero mai stato infortunato seriamente prima, mi sembra di aver mancato una sola partita
tra college ed high school. Così per curiosità, chi mi infortunò il ginocchio fu Bill
Goldberg, il wrestler. Comunque, quando ebbi recuperato dall'infortunio pensavo che Jim mi
avrebbe rimesso in campo gradualmente, invece fui subito starter, e giocai ogni down della
partita. All'incirca a metà del terzo quarto ero davvero stanco, e la gamba mi dava
leggermente fastidio. Alzo la mano per chiedere il cambio, ma poiché ero anche colui che
chiamava gli schemi leggendo i segnali, dovevo aspettare che qualcuno mi sostituisse.
Bene, Jim manda i suoi segnali e mi tocca giocare un'altro down, ma penso comunque che Jim
manderà qualcuno dentro al mio posto nell'azione successiva. Invece non lo fa, ed io alzo
nuovamente a mano, ma di nuovo la stessa cosa: nessuna sostituzione. Divento matto. So
benissimo che mi vede alzare la mano, eppure continua imperterrito a mandarmi i segnali.
Alla fine la difesa deve lasciare il posto all'attacco. Uscendo dal campo mi dirigo verso
di lui e gli lancio un'occhiata arrabbiatissima. Jim aspetta fino a che non ha fatto tutti
gli aggiustamenti e comunicato tutti gli assegnamenti per il prossimo drive, e quando
l'huddle della difesa si scioglie viene verso di me e mi dice "So che eri stanco, e
magari la gamba ti faceva anche un po' male, ma il solo modo in cui tu potrai essere un
buon giocatore nella NFL é imparare a giocare pur sentendo dolore".
"É solo la World League", ma se tu ci andavi con questo tipo di mentalità
mancavi completamente lo scopo principale della World League stessa. La mia esperienza
nella World League é stata inestimabile, come inestimabili sono le amicizie che ho
stretto in quell'ambiente.
9 - La violenza fuori dal campo é diventata una preoccupazione crescente anno dopo anno per l'NFL (Ray Lewis, Rae Carruth, Fred Lane sono i primi casi che mi vengono in mente). Qual'é il problema, secondo te? Qual'é la differenza con pochi anni fa quando tutto ciò non accadeva?
Ogni volta che si verifica un caso, che sia un abuso della
propria moglie o addirittura un omicidio, c'é ovviamente un problema. Penso anche che
poiché siamo atleti e poiché l'NFL é lo sport professionistico numero uno, siamo stati
messi sotto al microscopio.
Viene fatto uno studio annuale sulla violenza nell'NFL, e questi studi mostrano che
crimini e violenze nella loro totalità avvengono con frequenza considerevolmente minore
rispetto al resto della società. Ovviamente non giustifico alcuna violenza, e se una
persona commette un crimine si mette in una posizione in cui deve essere punito per ciò
che ha fatto, purtuttavia ogni volta che viene detto che l'NFL permette ai propri atleti
di comportarsi selvaggiamente e di fare qualunque cosa gli passi per la testa, bene, tutto
ciò é scorretto e non vero.
Credo che l'NFL punisca un giocatore in maniera molto più severa di ogni altra
organizzazione professionistica, se questo giocatore viene riconosciuto colpevole di
qualche crimine o misfatto. E per questa stessa ragione l'NFL é un'organizzazione
corretta.
10 - Il giorno prima del Superbowl XXXV, un giornale italiano a tiratura nazionale ha presentato la partita come "la sfida tra un ex alcolista (Kerry Collins) ed un omicida (Ray Lewis)", gettando parecchio fango sull'NFL. Come ti senti, da membro della NFL, quando leggi simili storie sui giornali?
É stata veramente una mancanza di classe e sensibilità. Kerry combatte l'alcolismo tutti i giorni, e sono stato male per lui perché anche nella mia famiglia c'é un alcolizzato, e so cosa vuol dire: é una situazione terribile, che ti accompagna giorno per giorno. Ray Lewis é stato scagionato dall'accusa di omicidio, ed ancor oggi é chiamato "assassino", nonostante mi sembra che il caso sia stato addirittura chiuso, nei suoi confronti. Tutto ciò ha solamente aperto delle ferite nelle famiglie delle vittime e di Ray Lewis. Ma in questa società tutto ciò che di brutto viene detto, tutta la spazzatura e tutte le cattiverie servono a vendere più giornali.
11 - Quali sono il migliore ed il peggiore ricordo della tua carriera di pro?
Il ricordo migliore é ovviamente la vittoria nel Superbowl XXXIV con i Rams. I ricordi peggiori sono due: non essere stato draftato e la mancata riconferma da parte dei Rams.
12 - Hai qualche consiglio per i ragazzi italiani che si avvicinano al football?
Il mio consiglio principale per ogni futuro giocatore é di dedicarsi all'apprendimento del gioco e della sua storia, ed una volta cominciato a giocare di divertirsi il più a lungo possibile.
Michael Anthony Jones viene firmato come free agent dai
Raiders nel 1991 dopo quattro anni come Runningback a Missouri, durante i quali oltre a
stabilire il record dell'università per ricezioni da parte di un RB (41 per 405), viene
selezionato per il Blue-Gray Bowl e per il Japan Bowl.
I Raiders decidono di trasformarlo in linebacker, e fin dal primo anno gioca tutte
e sedici le partite di regular season più la wild card. Nella primavera del 1991 i
Raiders mandano Jones nei Sacramento Surge della neonata World League of American
Football, dove Mike conquista il World Bowl.
Mike diventa un punto centrale della difesa di Oakland, ma quando diventa free
agent dopo la stagione 1996, i Raiders non hanno abbastanza spazio sotto il salary cap per
rifirmarlo. Si fa avanti Dick Vermeil, che lo vuole assolutamente per i suoi St.Louis
Rams. Mike diventa il leader della difesa degli Arieti dentro e fuori dal campo, e
contribuisce in maniera determinante alla conquista del Superbowl XXXIV al termine della
stagione 1999.
Dopo un 2000 un po' in sordina Mike, con il contratto in scadenza, viene
sorprendentemente rilasciato senza nemmeno tentare di rinnovargli il contratto. Dopo
lunghe ed estenuanti trattative, Mike riesce ad accordarsi per la stagione 2001 con i
Pittsburgh Steelers, firmando un contratto per tre anni.
Fuori dal terreno di gioco Mike è un uomo molto impegnato nel
sociale. Con l'insostituibile aiuto della sua numerosa famiglia (otto tra fratelli e
sorelle) ha fondato nel 1995 la "Michael Jones Foundation" con l'intento
iniziale di organizzare dei clinics gratuiti per i ragazzi nelle zone metropolitane di
Kansas City e St.Louis. Questi clinics gratuiti hanno dato l'opportunità ai ragazzi di
queste aree di interagire con delle celebrità sportive locali e nazionali senza pagare le
cifre astronomiche che vengono normalmente richieste dai camp più famosi e pubblicizzati.
Alla fine di ogni giornata di questi camps, un invitato speciale parla ai ragazzi di
argomenti quali la droga, il sesso tra teenagers, le bande di quartiere e le
violenze che ne possono scaturire.
Oltre a questi clinics, la fondazione ne tiene altri dedicati principalmente ai ragazzi ed
ai giovani con disturbi e ritardi mentali.
Inoltre la fondazione fornisce delle borse di studio per il college di $1000 dollari per
studente a fondo perduto.
Per mantenere questi programmi, oltre alle donazioni private ed agli sponsor di carattere
nazionale quali Wal-Mart, Gateway 2000, NFL Charities e via dicendo, la fondazione
organizza un torneo annuale di golf al quale partecipano molte celebrità della zona di
St.Louis, tra i quali molti giocatori e coaches dei Rams.
"Photo courtesy of Chrisville
News Service"
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